(A.Catapano) – Cosa vuole fare la Roma da grande? Quale ruolo può recitare nel panorama calcistico internazionale? Che peso politico ed economico punta ad acquistare nei prossimi mesi? L’improvviso vuoto di potere che si è creato ai vertici della Figc e l’esigenza di rinnovarne la governance sono terreni in cui la Roma può e deve muoversi con l’ambizione di diventare anche nel famigerato «Palazzo» una grande del calcio italiano.
Aspettare lo stadio dei sogni, ammesso che si riveli davvero una panacea, non può bastare. Vincere la battaglia in Lega, a cominciare dalla partita sui diritti tv internazionali, darebbe una bella spinta, ma ancora non basterebbe. Alla vigilia della quarta stagione dell’era americana, è il momento di replicare negli uffici la mentalità vincente esibita sul campo da Rudi Garcia. Per la sua crescita, la Roma di Pallotta, Pannes e Baldissoni – le tre figure centrali – è chiamata a scelte finalmente ambiziose. Non è stato all’altezza di una grande società, ad esempio, giocare una stagione senza sponsor (e con un’iniziativa benefica, «Roma cares», che in realtà non è mai partita). Concludere il rapporto con la Kappa in quel modo grottesco (e dannoso, per i milioni che dovrà elargirle). Firmare con la Nike un contratto ridicolo (pochi soldi, troppi anni e molte clausole pericolose), che grida vendetta anche al cospetto delle condizioni strappate dall’Inter (senza arrivare all’irraggiungibile Man United). Tutte scelte al ribasso. Eppure la Roma ogni mese paga fior di consulenze. Quelle sì sempre al rialzo.