Giovani. Forti. Italiani. Con la partenza verso i ritiri estivi e il mercato in pieno svolgimento, tanti ragazzi si affacciano per la prima volta in Serie A con la speranza di ricevere spazio sufficiente per mostrare le proprie capacità. Spiragli e opportunità di modificare, ma non sia mai di ribaltare, un’Italia del calcio dalla mentalità preistorica. Il fallimento della truppa di Prandelli in Brasile ha sollecitato le classiche, stantie, ripetute riflessioni. Parola chiave del politichese italico, la riflessione serve ad allungare i tempi e a lasciare invariato uno status quo in cui presidenti e dirigenti mantengono intatti usi e costumi ventennali. E dato che il calcio è solo lo specchio del paese, l’Italia continua ad incensare a parole i suoi giovani, lasciandogli compiti di ripiego (panchine e prestiti in Serie B o Lega Pro) capaci di innescare la “temutissima” fuga di cervelli (ovvero di potenziali ottimi giocatori).
Primavere inserite in Lega Pro, restrizioni al numero di stranieri in rosa, valorizzazione dei vivai: progetti a lungo termine da iniziare e slogan buoni per tutte le stagioni. Accontonando le riflessioni, le squadre italiane dovrebbero passare all’azione. Quale? Semplicemente avere fiducia nei propri giovani e farli crescere giocando. E già adesso nelle rose di Serie A ce ne sono tanti e di grande qualità, alcuni dei quali selezionati da Prandelli nello stage di marzo.
Nella lista di quei 31 convocati figuravano i due romanisti Alessio Romagnoli (che poi diede forfait per problemi fisici) e Federico Viviani, tornato nella Capitale dopo sei mesi deludenti a Pescara e sei mesi fenomenali con il Latina. A disposizione di Garcia sono rientrati anche Stefano Pettinari e Valerio Verre, pronti a partire almeno per gli Stati Uniti. Non potranno contendere una maglia da titolare a Pjanic e Totti, ma meritano un’opportunità. Il caso della Roma rimane comunque controverso: a fronte di uno dei tre migliori vivai d’Italia, continua a investire e puntare su talenti stranieri (Ucan, Paredes, Sanabria, Golubovic e Berisha solo per citare gli ultimi).
Spostando il focus anche sulle altre squadre, non sarà solo il Sassuolo a puntare sui talenti italiani: l’Atalanta ha acquistato D’Alessandro dalla Roma e ha riportato a Colantuono l’esterno destro Zappacosta e il centrocampista offensivo Gagliardini. Insieme a Baselli e Bonaventura costituiscono una linea azzurra capace di far concorrenza al trio Berardi-Zaza-Sansone. Giovani e di talento verranno affidati a Zeman, chiamato a ripetere l’exploit di Verratti-Insigne-Immobile con i vari Colombi, Benedetti, Longo che si aggiungono a Murru e Del Fabro. Qualità a centrocampo per Juventus, Inter e Lazio: Fausto Rossi, Lorenzo Crisetig e Danilo Cataldi sperano in qualcosa di più di un’occasione da Conte, Mazzarri e Pioli. La società di Lotito ritrova anche l’ex captano della Primavera Antonio Rozzi, rientrato dal prestito al Real Madrid B dove ha collezionato solo 10 presenze.
A Cesena vivrà la sua prima stagione in A Nicola Leali, di proprietà della Juventus già nelle tre stagioni tra Brescia, Lanciano e Spezia. Si contenderà il ruolo di miglior giovane portiere con Bardi (girato dall’Inter al Chievo), Perin, Scuffet e Pierluigi Gollini, estremo difensore ’95 riportato in Italia dall’Hellas Verona dopo un’esperienza biennale nel Manchester United che lo aveva preso dalla Fiorentina. Proprio i viola proveranno a dare più spazio a giovani che in B hanno fatto molto bene: Bernardeschi e Babacar, rispettivamente 12 e 20 gol con Crotone e Modena, saranno due nuovi assi a disposizione di Montella. Insieme a loro sono rientrati a Firenze i difensori Piccini e Camporese. L’altro bomber lanciato dall’ultimo campionato cadetto è Andrea Belotti, centravanti dell’Under 21 che garantito a Iachini 10 reti e 4 assist nelle 24 partite giocate.
In piena sintonia con la voglia di cambiare per non cambiare il Torino di Urbano Cairo, uno dei presidenti più influenti in Lega: la Primavera granata ha vinto il campionato e come ricompensa ha ottenuto una sfilza di prestiti tra Serie B e Lega Pro. Il serbatoio dell’Italia è pieno, il problema restano le squadre zavorrate dalla mentalità mesozoica di chi le gestisce.
Daniele Luciani