(A. Angeloni) Un allenamento con festa. Qui Rieti, fa caldo, ma la gente ha voglia di Roma e si spoglia per resistere ai trenta gradi e anche di più nella tribuna est del Manlio Scopigno. Sono in diecimila i curiosi giallorossi, che cantano dall’inizio alla fine, come fosse una prima vera. Davanti ci sono i giovani under dell’Indonesia, la Roma, con appena tre giorni di allenamento sulle gambe, si presenta con alcuni volti nuovi, i soliti “vecchi” e tanti, tantissimi Primavera, più Sanabria e Paredes, i due fiori all’occhiello.
Finisce 3-1, con un messaggio per gli scaramantici: come l’anno scorso, la prima rete della stagione viene firmata da Alessandro Florenzi, lui che è stato appena accarezzato dalla voglia di rimettersi in discussione, qui o altrove. Troppi attaccanti, meglio riflettere sul futuro. Garcia lo ha tranquillizzato e intanto lo prova a metà campo, il suo vecchio ruolo. Fanno capolino come attori non protagonisti, Benatia (contusione alla caviglia, fanno sapere), Iturbe e Keita, inizialmente nemmeno nella lista dei convocati. Solo qualche giro di campo per loro, per mantenersi in tiro e prendere un po’ di applausi. Sì, anche per Mhedi, che ancora non sa cosa sarà di lui, ma questo calore, forse, lo aiuterà a prendere (con la società) una decisione serena.
I tempi di Chivu, che voleva “scappare” come Benatia e che veniva insultato in situazioni come questa, sono ormai lontani. Per fortuna. Già idolo dei tifosi anche Iturbe, appesantito ma carico: il ragazzino argentino piace e fa sognare. Ma non gioca, per ora. Keita ha bisogno di lavorare, pure lui c’è ma non si vede.
TRE DA TRENTA
Garcia propone un turnover di massa. Undici giocatori nella prima mezzora con alcuni nuovi e qualche elemento della prima squadra; undici nella seconda con tanti big in meno; tredici nella terza con solo giovani. Tre partite in una. Schemi che passano dal 4-3-3 al 4-2-3-1. Brevi e arbitrarie indicazioni per il futuro: si vede la vecchia idea di aggressività e qualità, tanta corsa e tocchi di prima.
Mai una palla trattenuta sui piedi, da nessuno. Ljajic appare vivo e in bella mostra, nonostante il suo futuro giallorosso sia perennemente in bilico. Si vede Josè Angel. Qualche fischio per lo spagnolo, senza un perché. Poi c’è Totti: una trentina di minuti da padrone di casa e da traino d’entusiasmo: riceve un premio ad inizio gara e poi partecipa alla festa. Il bello deve venire, avrà pensato. A questa squadra manca ancora gente come De Rossi, Strootman, Maicon, Torosidis e Pjanic, per esempio.
IL TOCCO DI UÇAN
Qualcuno ha sussurrato, ma questo è Dodò? No, ma il ricciolo è quello. Il ragazzino turco, Uçan, si piazza in mezzo al campo, al fianco di Nainggolan (Radja corre già come se fosse già dicembre) e a braccetto con il capitano. Cerca e trova il dialogo con gli attaccanti. Alla Pjanic. Suola, tacco e punta, affascina il suo modo di gestire il pallone. Leggerino, per ora, di palle ne recupera poche. Ma il talento è visibile. Segna anche un gol. Applausi. Cole e Emanuelson – le altre novità – si alterano sulla fascia sinistra, entrambi terzini. Il primo sembra ancora un po’ imballato, il secondo zompetta come un grillo. C’è il solito Borriello, che segna e fatica come gli altri. Ma passano gli anni e, a quanto pare, resta sempre «un problema». Il futuro non è qui.
ROMA (4-3-3): Skorupski; Balasa, Somma, Castan, Cole; Uçan, Nainggolan, Florenzi, Destro, Totti, Ljajic.
Dal 33′ pt (4-2-3-1): Lobont, Golubovic, Capradossi, Romagnoli, Emanuelson; Paredes, Mazzitelli; Pettinari; Sanabria, José Angel; Borriello.
Dal 25′st: Svedkauskas, Sammartino, De Santis, Calabresi, Paolelli, Ricozzi, Pellegrini, Adamo, Ferri, Vestenicky (42′st Di Mariano), Cedric (42′st Taviani). All. Garcia
Reti: 8′pt Florenzi, 12′pt Uçan, 43′pt Borriello, 12′st Bakri