(S. Romita) – Una solitaria aggressione avvenuta lontano dallo Stadio Olimpico dove si sarebbe giocata una partita di calcio tra due squadre entrambe ospiti nella casa della Roma, è terminata come tutti sanno in tragedia vera. E con la morte di Ciro, giovane napoletano,il mio cuore romanista non vuole essere coinvolto. Non può esserlo. Ma non è possibile. Chi ha sparato – e al termine del percorso giudiziario lo si saprà con certezza – mi ha violentemente coinvolto, in quanto tifoso romanista, in questa morte.
Mi ha posto in una condizione per cui il mercato, il progetto del nuovo stadio, il ritiro dei giallorossi, il prossimo campionato e l’avventura in Champions League hanno perso peso e molto del loro significato. E oggi leggere posizioni prese a nome di un’entità in sé astratta e che vive in tutti noi, come la Curva Sud, mi coinvolge nuovamente. Da garantista posso attendere il percorso della giustizia, ma in silenzio. Ed essere vicino a chi ha perso unfiglio. Ma, pur garantista, non posso essere mai dalla parte di chi uccide e con lui non ho alcun legame.
Ma la Curva Sud è composta di tante persone, migliaia di inquilini. Alcuni concretamente si dannano per animarla e costruire coreografie, fanno debiti, seguono la squadra in campi avversi. E hanno un valore assoluto, che tuttavia non li autorizza a lasciare margini scritti di ambiguità nei cuori di tutti gli altri.
Anche io sono la Curva Sud. Anche noi siamo la Curva Sud. Non è un luogo fisico e basta. E’ la nostra anima, la fortezza immaginaria collettiva in cui sono custoditi i nostri spiriti. Di tutti i tifosi della Roma. E oggi siamo purtroppo tutti dentro una vicenda tristissima che non dovrebbe avere nulla a che fare con la gioia del calcio. E con unagioia ancora più superiore che è quella di tifare per la Roma.
Fonte: il romanista