(M. Macedonio) «L’importante è prendere quelli “giusti”. Magari pochi, ma buoni» dice Giacomo Losi, che di fronte al tourbillon di nomi che si susseguono, come ogni anno, nel corso dell’estate in tema di calciomercato, preferisce non sbilanciarsi in favore di questo o quello ma affidarsi all’abilità dei dirigenti giallorossi. «Mi fido di Walter Sabatini – dice infatti “Corederoma”. – In questi anni ha dimostrato di sapersi muovere come pochi altri sul fronte acquisti e cessioni e, pertanto, mi aspetto che anche stavolta riuscirà a portare a Roma quegli elementi, a mio parere ne bastano anche solo due o tre, diciamo uno per reparto, purché di esperienza, che possano rendere la squadra all’altezza degli impegni che l’attendono la prossima stagione. Bisognerà lottare su tre fronti, con il campionato e la Champions che assorbiranno tante energie, e dovrà quindi essere possibile un turn-over in grado di mantenere la squadra su livelli di competitività medio-alta. È per questo che penso a giocatori validi ma soprattutto già pronti in campo internazionale, visto che di ragazzini e giovani promesse ne abbiamo già in Primavera o grazie agli acquisti fatti lo scorso inverno (Paredes, Sanabria, Berisha, etc., ndr). Ma ripeto, ho grande fiducia nel direttore sportivo e nel tecnico: lasciamoli lavorare e sono certo che sapranno dare alla squadra quanto serve per migliorarla».
Si parla tanto della possibile cessione di Benatia. Ritieni che costituisca un sacrificio possibile?
Certamente dispiace veder partire un giocatore così forte, anche perché il desiderio dello stesso Rudi Garcia era quello di mantenere intatto il gruppo, ma sappiamo anche che le leggi del mercato possono far diventare necessario un addio. Penso che, a fronte di una somma che deve però essere ragguardevole, si possa anche rinunciare a un giocatore così. A patto di trovare un sostituto che sia, se non migliore di lui, perlomeno dello stesso spessore tecnico, e che con i soldi incassati e da reinvestire si possa arrivare più facilmente a quegli elementi di peso che potrebbero far fare alla squadra il salto di qualità. Sapendo, comunque, di partire da una base di non poco conto, visto che veniamo da un’annata di tutto rispetto, in cui, tolte le ultime tre partite, che per me non contano, tutto il gruppo – come abbiamo più volte ripetuto – ha saputo far bene, direi anzi molto più di quanto fosse nelle aspettative di inizio stagione.
Tra poco, finite le vacanze, si riprenderà con la tournée negli States e, a seguire, in agosto, il vero e proprio ritiro in Austria. Temi qualche scompenso sul piano della preparazione?
Capisco le esigenze della proprietà, che ha necessità, per motivi di promozione e merchandising, di portare la squadra in America. Non so quale clima ci sarà in quel periodo, mi auguro non troppo caldo, ma è pur vero che bisognerà stare attenti: gli obiettivi per i quali si lotterà l’anno prossimo vogliono che la preparazione sia fatta nel migliore dei modi, ma sono certo che dirigenti e staff tecnico avranno pensato a tutto questo, trovando le giuste soluzioni.
Restiamo in campo internazionale.Che impressione stai ricavando da questo Mondiale in Brasile?
Comincio col dire che sono rimasto quanto mai deluso, penso come tutti, dalla nostra nazionale. Una squadra che non è esistita, purtroppo, su nessun piano. Non ho capito poi certe scelte, sia in termini di convocazioni, che di formazioni mandate in campo. Abbiamo giocato tre partite con tre schieramenti, ma anche tre atteggiamenti tattici, diversi l’uno dall’altro. E questo non l’ho proprio capito. Quando si va a un Campionato del Mondo, si devono avere le idee chiare e una squadra già rodata. Tutt’al più, se proprio serve un qualche piccolo correttivo, si interviene sul momento. Ma qui, si è andati nella più assoluta confusione. Con giocatori che non stavano in piedi e arrivavano sempre secondi sulla palla. In queste settimane abbiamo visto squadre in grado di correre anche nei supplementari e che, sul piano fisico, si sono rivelate molto più forti e preparate di noi. Tre brutte figure, perché ci metto anche la partita vinta con l’Inghilterra, giocata contro una squadra, se possibile, anche peggiore della nostra.
Secondo te, c’è stato un livellamento verso l’alto, con la crescita di quelle squadre che una volta avremmo considerato come “cuscinetti”, o verso il basso, da parte delle nazionali “storiche”?
Credo di più ad un innalzamento di quelle che un tempo non avrebbero passato la fase a gironi – penso all’Algeria, che peraltro è uscita negli ottavi con la Germania, e soltanto ai supplementari, o agli Stati Uniti, o alla stessa Costa Rica, che è ancora in corsa nei quarti. Il merito è anche di tanti allenatori europei che hanno portato idee e conoscenze tecniche, così come di tanti giocatori di quei Paesi, cresciuti a loro volta grazie alle esperienze in squadre del nostro continente. Ed è motivo di rammarico in più il fatto che noi siamo usciti subito, non avendo saputo onorare l’impegno.
C’è una squadra che ritieni possa emergere su tutte e vincere questo Mondiale?
Quelle arrivate nei quarti mi sembrano tutte all’altezza del compito. Tra quelle che mi sono piaciute di più metto l’Olanda, e chissà cosa avrebbe potuto fare se avesse avuto anche Strootman, anche se penso che alla fine prevarrà probabilmente una sudamericana. Molto dipenderà dalla sfida di stasera (ieri sera, ndr) tra il Brasile, che per me resta, per tanti motivi, il primo favorito, e la Colombia. E dire che la squadra di Scolari non è certo tra le migliori che abbiamo visto, nella storia, indossare quella maglia. Ha qualche ottimo elemento, ma è lontana da quelle del ’70 e dell’82. Rischia quindi molto. E dopo la sconfitta del ’50, con l’Uruguay, sarebbe di nuovo un dramma nazionale, che non le auguro davvero.