(F. S. Intorcia) – L’uomo più diplomatico del calcio italiano, capace con eloquio forbito di dire tutto o niente a seconda delle strategie, stavolta si è fermato, si è sfilato le scarpe, le ha svuotate dei sassolini accumulati in 2646 giorni al vertice della Federcalcio, fin qui ignorati con democristiana diplomazia. Mentre si congedava, Giancarlo Abete ha piazzato stoccate su ogni bersaglio, privilegiando il grande nemico Giovanni Malagò. «Quando si giudica una federazione, vanno sottolineate anche le cose che funzionano, non solo le criticità. E poi, alle ultime Olimpiadi a Sochi, sono state assegnate 99 medaglie d’oro e l’Italia non è riuscita a conquistarne neanche una. Capisco che è difficile vincere, ma… Ci sono tante discipline che non ottengono risultati, ma hanno meno visibilità e attenzione. Si punta sempre l’indice sul calcio, che ottiene dallo Stato 1/16 di quello che produce: versa all’erario 1 miliardo e 40 milioni, riceve 62 milioni di contributi e sembra pure che siano troppi…»
È come se Abete, smessi i panni di uomo d’equilibrio, potesse finalmente sfogarsi. Ora vuole divertirsi in giunta Coni, avrebbe confidato agli amici, e già giovedì al Viminale presenzierà a un vertice sulla sicurezza di fianco a Malagò. In più, Abete conserva la vicepresidenza Uefa. «Siamo perfettamente in linea con i tempi, in 40 giorni avremo presidente e ct. Diffido della cultura del commissariamento, è antidemocratica. Io sono ancora lucido e fino all’11 agosto garantirò l’ordinaria amministrazione. Ogni sei anni siamo andati sul podio, 1994, 2000, 2006, 2012, abbiamo violato questo ritmo solo col podio in Confederations Cup, scusateci… Con Prandelli, avremmo firmato per avere un secondo e un terzo posto in tre competizioni, com’è poi stato. Siamo andati al Mondiale con la serenità del contratto rinnovato: in caso contrario, oggi verremmo attaccati per aver portato un ct in scadenza, senza fiducia della Figc. Ho conservato i giornali: dopo la vittoria sull’Inghilterra sembravamo perfetti… ».
Parla di “gufi”, Abete. «In Italia ci sono persone che non hanno creato in vita loro un posto di lavoro o risolto un problema, ma criticano solo gli altri. Non faccio nomi, l’elenco è lungo, ma le situazioni sono note. Quanto al Coni, non c’è stata condivisione su alcune politiche e sapete che io avevo sostenuto un altro candidato alla presidenza, è la democrazia. Adesso farò io l’opinionista, esprimerò le mie riflessioni di politica sportiva, spero utili, senza acrimonia. C’è l’amarezza per come si concludono questi 7 anni, ma anche gratitudine per tutte le componenti che mi hanno rinnovato stima e solidarietà. In 25 anni in Figc non ho preso neanche un rimborso spese». Il Consiglio di ieri si era aperto con un ricordo del tifoso del Napoli Ciro Esposito. «Un processo chiarirà la responsabilità di chi ha sparato. Ho letto tante cose in questi giorni, gira e rigira sembra che il colpevole della sua morte sia io». Un attacco a Roberto Saviano («Trovo scandaloso che Abete si dimetta per i risultati della Nazionale e non per i fatti di Napoli-Fiorentina», aveva detto lo scrittore). Neanche tanto velato. «Io non ho fatto nomi, a voi non manca l’intelligenza per interpretare…»