(F. Bianchi/M. Pinci) – L’ultima stagione si era chiusa con l’Olimpico romanista ostaggio della Curva Sud, che aveva imposto con la forza a chi la occupava di non tifare, per manifestare solidarietà verso un presunto assassino. Sono passati due mesi, ma la situazione sicurezza nella capitale non è cambiata, anzi. Il comunicato di sostegno per Daniele De Santis, l’uomo che avrebbe sparato a Ciro Esposito, firmato dagli “Ultras della Roma”,è arrivato anche al Comitato Nazionale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica in cui ieri si discutevano le nuove misure anti-violenza da presentare in consiglio dei ministri. Ancora una volta, però, le iniziative del Viminale si sono risolte in slogan d’effetto («estrema durezza nei confronti dei violenti») senza produrre per il momento azioni incisive. «Rendere impossibile la vita di chi rovina il calcio» e «la prevenzione spetta alle società», i dogmi espressi, ma chi si aspettava che il Ministero potesse espellere gli ultrà violenti dalle curve resterà deluso: anche la misura del divieto di trasferte per cui spinge il Viminale incontra l’opposizione della polizia. Ma il problema sicurezza è grande, soprattutto a Roma, dove un tifoso è morto a margine di una partita di calcio.
Quella nota degli ultrà (“non rinneghiamo un nostro fratello”) ha prodotto il sussulto privato del ministro Alfano: «Avrei gradito una presa di distanza della Roma », le sue parole riportate nel pomeriggio da un’agenzia. Parole — mai smentite — riferite al presidente della Lega Beretta, con la raccomandazione che non fossero divulgate. Invece sono diventate pubbliche con un lancio d’agenzia, infiammando il clima di Trigoria, tra riunioni d’urgenza e lunghe telefonate in cui Alfano ha chiarito la sua posizione ai dirigenti giallorossi. Fino a una nota, concordata con la segreteria del Viminale, in cui la Roma spiega che agli ultrà della Sud non ha risposto ritenendoli «soggetti dalla AS Roma non conosciuti o riconosciuti ». Come a dire: la società non li percepisce come tifosi. Un colpo duro, a parole. Ma la presa di distanza non cancella il problema delle curve chiuse per discriminazione, né l’epilogo del campionato scorso, l’11 maggio, con l’apologia di De Santis applicata imponendo il silenzio a tutto lo stadio. Il presidente romanista Pallotta fu il primo a prendere posizione duramente contro gli estremisti della curva sud. Parole a cui non hanno fatto seguito però azioni concrete. A prendere le distanze dagli ultrà ha provato qualche tifoso romanista, in modo pratico. Un centinaio di persone, abbonati di curva ma non certo legati al tifo oltranzista, hanno chiesto negli ultimi giorni di poter cambiare abbonamento, per spostarsi in altri settori. Richiesta respinta dalla Roma per motivi tecnici (Siae, sicurezza, tariffe), ma che resta come una presa di posizione chiara: in quella curva tanti suoi frequentatori non si riconoscono più.