(M. Sconcerti) – Non ci sono stati finora acquisti che abbiano cambiato le gerarchie. Si è girato molto intorno ai particolari, non alla sostanza. La cosa straordinaria è stato il numero dei giocatori trattati. Secondo uno studio uscito l’8 agosto scorso, le squadre di serie A hanno trattato nel complesso 1.152 giocatori, i tedeschi 315, gli inglesi 207, gli spagnoli 284. La cosa è spiegabile con la povertà: in Italia si parla di più con tutti perché si cerca di spendere meno degli altri, si amplia cioè il mercato. Questa parziale povertà corrisponde alla fine di una lunga fase non industriale del calcio, cioè il vecchio mecenatismo. I presidenti coprivano i debiti con gli incassi delle loro attività prevalenti, quelle fuori dal calcio.
Oggi i soldi da investire non vengono da surplus finanziari ma dalle banche. Sono soldi sempre eventualmente a perdere, ma sempre e comunque da restituire. La nuova condanna al bilancio ci ha impoverito in Europa, ma ha aperto nuove possibilità in Italia. Se nessuno è davvero ricco, diventa fondamentale la bravura nello scegliere i giocatori. Diventano decisivi meriti che decisivi sono stati raramente, chiusi dalle singole forze economiche. Parlando del futuro che comincia sabato non si può dunque che ricominciare dal passato. Il vero cambiamento lo ha fatto la Juventus passando da Conte ad Allegri e rimanendo sola davanti al peso di vincere per la quarta volta. La squadra è la stessa, sono cambiati alcuni giocatori della panchina comunque importanti (Evra, Romulo, Pereyra).
Sostanzialmente uguale anche la Roma. C’è Iturbe al posto di Lijaic, è partito Benatia ed è arrivato un altro buon difensore, Manolas. Da vedere se resterà Destro. Si è in sostanza rafforzata la cornice, non dato altra vita ai colori del quadro.
Stessa cosa per il Napoli che è già al suo top con questi uomini. Dipende dai quattro attaccanti, la fortuna semmai è di averli già saputi mettere insieme. De Guzman al posto di Inler a mio avviso cambia poco. Ha costruito di più l’Inter, anche se lavorando quasi soltanto sui prestiti. Il che significa che se andasse bene, la prossima estate bisognerebbe spendere molto solo per confermare questa squadra. A me sembra che l’Inter sia quella ad aver fatto il passo più lungo, si è messa finalmente in condizione di usare la qualità di Hernanes-Kovacic e dei suoi attaccanti. Se quella qualità saprà venire fuori. Non è forse da scudetto, ma nessuna squadra lo è davvero. Tutte, anche le migliori, sono legate a scommesse proprie e all’incompletezza delle altre. Questo equilibrio è il vero regalo offertoci dai pochi soldi attuali. Il Milan sembra avere energia e confusione, è una squadra messa insieme più secondo occasione che volontà. Niente a che vedere con il passato, è anzi quella che paga di più il passaggio dal mecenatismo alla fase industriale, però è il Milan, ed è dentro un campionato di tutti e di nessuno.
Se devo essere sincero, non vedo una squadra completa, ma qualcuno lo diventerà per strada calibrandosi meglio sugli avversari. Direi la Roma, ma è un oro fin troppo evidente, potrebbe perdersi. Altrimenti Juve o Inter. Per la prima volta dopo tanto tempo torneranno a essere importanti i giovani. Ce ne sono di italiani e stranieri (Kovacic, El Shaarawy, Iturbe, Ucan, Babacar, Bernardeschi, Icardi, Cristante, Gabbiadini, Berardi, Keita, Destro), la loro crescita in corso d’opera può essere determinante. Non mi fascerei invece la testa per Conte e la Nazionale. Dal 2006 a oggi, nei gironi di qualificazione a Europei e Mondiali, abbiamo perso una sola partita (con la Francia a Parigi il 6 settembre 2006). E solo di qualificazioni parleremo nei prossimi due anni.