«Ero in Egitto e cercavo ragazzi tecnicamente bravi, da far crescere. Mi piacevano lui e quell’altro. Il presidente voleva solo lui, lo convinsi a prendere pure quell’altro». Lui è Douglas Costa, l’esterno che accende i sogni del Milan, quell’altro è il suo amico/compagnoAlex Teixeira, il reclutatore è Mircea Lucescu che in Ucraina ha una bottega sempre aperta di brasiliani bravissimi e cari. E l’Egitto? C’entra e come, proprio lì il Brasile perse ai rigori la finale del Mondiale Under 20 contro il Ghana. E Douglas Costa, che il suo penalty non lo sbagliò e pochi mesi prima aveva guidato la squadra alla vittoria del campionato sudamericano di categoria, ci arrivò con un’etichetta bella ma pesante: il nuovo Ronaldinho. Indizi: mancino del Rio Grande, incline ai giochi di prestigio e all’assist, prodotto del Gremio che ingolosiva frotte di osservatori. Lucescu però non si fa abbindolare dai luccichii: «A 18 anni i talenti sono tutti allo stesso livello, è il lavoro che fai da lì ai 21 che ne determina lo sviluppo. Serve pazienza, bisogna lavorarci, trasformare l’istinto che hanno in creazione vera e propria. Altri li prendono tardi, poi si spazientiscono e li perdono per strada, io no».
DUTTILE Non si è perso nemmeno Douglas, sguardo furbo e pochi sorrisi, che in base a uno dei più noti postulati di Lucescu ha iniziato giocando quando c’era spazio e crescendo alle spalle dei big e poi, ceduti Willian e Mkhitaryan, si è preso il suo posto da titolare nella trequarti dello Shakhtar. In cinque stagioni, sostiene il tecnico romeno, ha fatto progressi eccezionali: «Quando l’ho preso aveva dei colpi ma il suo gioco era fine a sé stesso, adesso ha imparato a mettere tutto quello che sa fare al servizio del collettivo. Merito anche di Dario Srna, che lo aveva come compagno di fascia e lo ha indottrinato bene». Quella dei piedi forti sulla corsia opposta è una tendenza tattica che ultimamente va forte, «ma lui gioca bene su tutte e due le fasce, tira fortissimo, con la velocità e il dribbling che si ritrova quando va via dalla sua parte non lo prende nessuno». Quando non corre, invece, Douglas va di Playstation. Con gli altri brasiliani d’Ucraina avevano messo su una specie di clan con cui si ritrovavano ogni sera online e ci davano dentro a Call of Duty. Fu un’idea di Jadson, che poi coinvolse anche lui, Dentinho, Willian, Luiz Adriano, Marlos e gli altri, magari rivali in campo ma uniti dai fucili virtuali.
RAPPORTO RICUCITO Poco meno di un mese fa, Douglas Costa era uno dei sei che si rifiutarono di tornare in Ucraina per paura della guerra, quella vera. Poi gli strali di Lucescu al suo agente Joorabchian, la presa di posizione dura del presidente Akhmetov, lo spostamento dell’attività dello Shakhtar dalla martoriata Donetsk prima a Kharkiv e poi a Kiev, e il ritorno uno a uno degli «ammutinati». «Adesso il rapporto è stato ricucito -spiega Lucescu -. Ho parlato con tutti, ho fatto notare loro gli errori fatti, hanno capito e si stanno allenando duro. A Douglas e Teixeira ho detto: “Fatevi un altro anno di Champions con noi e sarete perfetti”». Però alla fine del mercato mancano due settimane, la clausola di rescissione di Douglas Costa è di 50 milioni, al di sotto dei 30 gli ucraini non iniziano a parlare ma se arriva l’offerta giusta si tratta. Lucescu conferma: «Sono solo orgoglioso se uno dei miei va in un grande club. Ma voglio che la trattativa sia fatta nel modo giusto, la squadra interessata venga e ce lo chieda. Guardate James Rodriguez: si è messo in luce al Monaco e poi al Mondiale ed è andato al Real, perché non può essere lo stesso per il mio Douglas? Per me è più forte di James».