(T. Rodano) – Appena Carlo Tavecchio è scivolato sull’Optì Pobà mangia-banane, il calcio gli è corso in soccorso. E gli ha suggerito: ma come, tu non eri quello che è andato in Africa a fare beneficenza? Il primo è stato Maurizio Beretta, capo della Lega di A: “La vita di Tavecchio è una continua testimonianza di azioni contro ogni forma di discriminazione. Tavecchio si è occupato personalmente della costruzione di due ospedali in Togo e in Benin. In Togo ha anche costituito una cooperativa per la coltivazione dei pomodori”.
Il giorno dopo, per dimostrare la sua amicizia con l’Africa, Lotito ha fatto “scendere in campo” anche un calciatore di colore della Lazio,Joseph Minala. Il giovane camerunense, dopo settimane nella bufera per le voci maligne che lo vorrebbero ben più anziano dei 17 anni dichiarati, si è speso in una difesa a spada tratta (e con parole struggenti) del candidato alla Figc: “So cosa significa essere abbandonato a una stazione da un procuratore senza scrupoli con tante false promesse. Quando per mia fortuna mi trasferirono alla Città dei Ragazzi, fu proprio Tavecchio a inserirmi nel circuito calcistico”.
La squadra di Tavecchio ha “reclutato” anche un modico del Togo che risiede a Ponte Lambro, comune di origine del ragioniere, dove è stato sindaco per 14 anni. Kossi Komla- Ebri non ha dubbi: “È stata una frase infelice, ma lo conosco. Quando era sindaco di Ponte Lambro con lui abbiamo fatto un gemellaggio con il comune di Afagnan in Togo. Per anni ha aiutato diverse realtà in Togo, raccogliendo fondi e attrezzature. Contano gli atti compiuti e io garantisco per i suoi”. Come garantisce Lotito, poi, il signor Tavecchio ha pure avviato due o tre adozioni a distanza. Altro che razzista, insomma. Il neo presidente ha provato a metterci del suo, diffondendo le fotografie dei suoi viaggi in Africa. Il suo pubblico è persuaso: molti delegati della Lega Nazionale Dilettanti, durante l’assemblea di ieri, sono intervenuti per elogiare l’impegno umanitario del Tavecchio, così generoso con l’Africa e così prodigo nel far crescere il movimento del calcio femminile (quello delle donne “handicappate”). Non rimane che attendere, trepidanti, la pubblicazione dei nomi e delle fotografie di queste ormai leggendarie strutture ospedaliere in Togo e Benin.