(T. Rodano) – Sotto la buccia, il “Banana” ha un cuore tenero. Carlo Tavecchio, appena proclamato numero uno del calcio italiano, prende la parola e si commuove. Stavolta non va a braccio. Niente macchiette sugli extracomunitari o le donne “handicappate”. “Non sono bravo con le parole –dice di sé, durante il discorso di incoronazione (e un po’ ce n’eravamo accorti) – sono ruvido e poco glamour”. Non prende iniziative: il discorso è stato scritto dai suoi collaboratori. Lo dice lui stesso, prima di cominciare a leggere.
Solo una volta si prende una licenza dal testo scritto sotto i suoi occhi. E involontariamente, anche stavolta deraglia: “Vorrei salutare una persona che da oggi non c’è più”. Brivido nell’uditorio. Nessuno era preparato a un lutto. E invece, si scopre che stava parlando del presidente dimissionario: Giancarlo Abete. Poi le lacrime di Tavecchio, il grande abbraccio tra i due e la standing ovation. I più rumorosi nell’applauso sono i delegati della Lega Dilettanti. Sono i più numerosi, ruspanti ed entusiasti, nel grande pollaio della Figc.
PER UN GIORNO il corridoio dell’Hilton di Fiumicino è il Transatlantico del calcio italiano. Se la nave sta affondando, non se ne accorge nessuno. Le mani si stringono vigorose, le braccia si allungano per abbracciare spalle, i sorrisi si tirano sui volti: sembrano tutti amici. Ma tra vincitori e vinti la differenza si coglie al primo sguardo. I primi sono un gruppone allegro e casinaro, i secondi se ne stanno in disparte o in piccoli capannelli malinconici. Nella nuova monarchia costituzionale del calcio italiano il re è Tavecchio, ma il potere si chiama Claudio Lotito. Si capisce subito, sin dal coreografico arrivo del presidente della Lazio. Abbronzatura color mattone – figlia del sole de Fregene, fa sapere –e camicia bianca con iniziali in carattere gotico, che contiene a stento il profilo tondo dell’addome (e si dice abbia pure perso 15 chili). Lotito ha un sorriso per tutti. E tutti lo cercano. Per primi i giornalisti: il mucchione del circo mediatico è un ottimo indice di popolarità; la calca di cronisti e cameramen attorno a Lotito fa impressione. Poi ci sono i colleghi.
Il più solerte è Enrico Preziosi, patron del Genoa. Ha vinto il primo derby col nuovo presidente della Sampdoria, Massimo Ferrero: “Viperetta” è tra gli animatori (forse pentiti) della fronda anti Tavecchio. Preziosi cerca Lotito, gli batte il cinque; ha il sorriso praticamente tatuato sul volto. A qualcuno la sua espressione non piace. Andrea Agnelli perde per un attimo l’aplomb e lo “stile Juve”. Si avvicina a Preziosi e gli dice ad alta voce: “Non permettermi mai più di parlare di me”. L’altro poco prima aveva dichiarato: “Agnelli ha chiesto in ginocchio un posto da consigliere federale”. Tra i due c’è affetto. Adriano Galliani, che è l’altro grande kingmaker di Tavecchio, maramaldeggia con Renzo Ulivieri, presidente degli allenatori, fiero no Tav e comunista mai rinnegato: “Ulivieri… – strilla Galliani – siamo compagni!”, e gli mostra il pugno chiuso. Poi c’è Aurelio De Laurentiis, in un sobrio completo beige con camicia a quadri.
Non pare abituato ad essere il meno rumoroso della compagnia. Al momento della prima chiama, Lotito se lo prende sotto braccio e lo conduce verso l’urna: “Andiamo a votare insieme, così ci diamo una mano a vicenda”. Giù risate. Il presidente della Lazio si scapicolla tra le cabine di votazione e il corridoio dell’assemblea. Si informa sulla posizione del presidente del Cesena, va a cercare Luca Campedelli del Chievo e lo spinge fisicamente verso l’ur – na. Ha un controllo quasi militare delle operazioni. È un mattatore indomabile. A fine giornata dirà: “Non sono stato il regista di nulla”. Ma ai suoi, tra i denti, confessa: “L’avemo ammazzati ”.
LE VITTIME di questa ferocia politica hanno un’espressione tetra. Di Andrea Agnelli s’è detto; il direttore della Juve Giuseppe Marotta è la sua ombra, ed è ancora meno loquace. La Roma schiera il terzetto dirigenziale Baldissoni-Fenucci- Zanzi. Sembrano alieni. Mauro Baldissoni, avvocato e portavoce della proprietà americana, confessa con un filo di voce: “Non abbiamo i numeri per cambiare il sistema”. Per la Fiorentina c’è il direttore sportivo Daniele Pradè. Durante l’intervento di Franco Carraro in assemblea, non si contiene: “Parla pure questo, non c’hanno proprio ritegno”.
Urbano Cairo ha pure lui un’espressione seriosa. Commenta sarcastico: “Lotito vuole andare pure al Club Italia? (l’organismo che coordina le squadre nazionali, ndr) A tutto c’è un limite”. Quello del latinista di Formello però non è pervenuto. A fine giornata, la sintesi è del Viperetta: “Lotito – dice Ferrero – vuole essere sempre protagonista: se c’è un matrimonio vuole fare lo sposo, se c’è un funerale vuole fare il morto. È un grande uomo”.