(D. Stoppini) Un incontro, un pool al lavoro, ore febbrili e un paio di robusti paletti. Ma lo stadio della Roma a Tor di Valle s’ha da fare. Giovedì arriverà il sì della Giunta: c’è la pubblica utilità sull’impianto. Non che la cosa fosse in discussione, ma la giornata di ieri va messa agli atti come un passaggio chiave.L’assessore alla Trasformazione UrbanaGiovanni Caudo ha riunito la maggioranza dell’assemblea capitolina, guidata dal coordinatore Fabrizio Panecaldo, con capigruppo e presidenti delle commissioni interessate: confronto serrato, ma che di fatto — oltre a ricompattare il Pd sulla questione — ha prodotto il sì all’impianto. Con due postille: lo stadio non sarà inaugurato finché le opere pubbliche, tra le quali metro B e svincolo sul Gra, non saranno completate. «Se anche solo un pezzo non verrà realizzato, per noi decadrà l’interesse pubblico», dice Panecaldo. In verità un’eccezione c’è: il collegamento tra viale Marconi e Tor di Valle potrà essere ultimato in un secondo momento.
L’INDISSOLUBILITA’ La seconda postilla sulla quale lavora una commissione ad hoc è quella legata alla proprietà dello stadio. Il comune chiederà l’«indissolubilità» tra l’impianto, la Roma e la città. Le modalità sono al vaglio dell’Avvocatura dello Stato, ma la condizione è che anche quando Pallotta non sarà più proprietario del club, l’impianto di Tor di Valle resterà nella disponibilità della società Roma. Per ora, e per un tempo massimo di 30 anni, il legame è stabilito dalla NewCo che fa capo a Pallotta, che riceverà un canone d’affitto dalla Roma di 2 milioni all’anno. Altre spigolature: nella delibera sarà presente una clausola da 160 milioni di euro, cifra che il Comune incasserebbe qualora la società proponente dell’impianto dovesse violare gli accordi. E poi una sorta di gentleman agreement con Parnasi: i lavori dovranno essere il trampolino di rilancio per quante più possibili piccole e medie imprese romane. Della serie: tutti lavorano, tutti guadagnano, tutti (forse) sono contenti.