(M.Iaria) – Se il calcio fosse una scienza esatta, e sappiamo bene che non lo è, anche questo campionato avrebbe un copione già scritto. La squadra che ha vinto gli ultimi tre scudetti è la stessa che guida la classifica tarata sul portafogli. Juventus davanti con largo margine, staccate le altre. Questo dice il ranking dei ricavi stimati dalla Gazzetta per la stagione appena iniziata, al netto delle plusvalenze per la vendita dei giocatori e tenendo conto della partecipazione alle coppe europee, che spostano un bel po’ di soldini. Una classifica che fotografa pure il potere di spesa delle società, tanto più in quest’era di crisi in cui i mecenati hanno stretto la cinghia e ogni squadra deve arrangiarsi da sé. Le outsider si lamentano per l’enorme divario economico dal vertice: un handicap di partenza che è difficile da colmare sul campo. In effetti il rapporto tra i ricavi della più ricca, la Juventus, e quelli della più povera, l’Empoli, è di 9 a 1. Tanto. E pensare che la contrattazione collettiva dei diritti televisivi, a partire dalla stagione 2010-11, ha ridotto le distanze rispetto al passato togliendo alle grandi e dando, soprattutto, alle medie. Ci si può consolare guardando alla Liga spagnola: lì il rapporto tra prima e ultima è di 25 a 1!
LEADER I bianconeri viaggiano sui livelli degli ultimi esercizi, cioè tra i 270 e i 280 milioni. I diritti tv nazionali, il botteghino e l’area commerciale sono sostanzialmente stabili (per dire, quest’anno il fisso di Fiat cresce di un milione e mezzo ma non si replica il bonus da 6 elargito nel 2013-14). Lo scossone può darlo l’Uefa se si va avanti in Champions, grazie anche al fatto che il market pool sarà diviso con la sola Roma: per ora la partecipazione ai gironi dà ai bianconeri circa 50 milioni, gli stessi dell’anno scorso, Europa League inclusa. A ogni modo, la Juve è su un altro pianeta. E il solco con le sfidanti di A, a patto di restare nell’Europa che conta, si allargherà nel 2015-16 quando entreranno in vigore i nuovi contratti (in primis Adidas, che garantisce un extra di 15 milioni rispetto a Nike).
LE MILANESI Ultimamente le strade delle tre storiche big d’Italia si sono separate, sul campo e fuori. La Champions, si sa, rappresenta uno spartiacque. L’Inter che non se la gusta ormai da tre anni, ha visto crollare il suo fatturato: dal picco di 251 milioni del triplete ai circa 170 della passata stagione trascorsa lontana dalle coppe. Adesso ci sono almeno i proventi dell’Europa League, e considerato che iniziano a farsi sentire i frutti del nuovo ciclo commerciale targato Thohir, le aspettative della società nerazzurra sono attorno ai 190 milioni di ricavi, incluso il ramo d’azienda costituito di recente nell’ambito del piano di finanziamento da 230 milioni. Attento Milan, l’Inter si avvicina. Sì perché nell’annata fuori da tutto i rossoneri ridurranno pesantemente le loro entrate. Il danno per l’assenza dalla Champions è di circa 50 milioni, calcolando pure i mancati incassi del botteghino e dei bonus degli sponsor: Fininvest, dopo aver immesso negli scorsi mesi 26 milioni (tra versamenti e rinuncia ai crediti) nelle casse rossonere, nel corso della stagione dovrà riaprire i rubinetti. Fatto sta che il giro d’affari del Milan si attesterà tra i 200 e i 210 milioni, dietro solamente alla Juve ma in netta discesa.
GIALLOROSSI IN CRESCITA In questa sorta di saliscendi si segnala l’avanzata della Roma, parallelamente alle performance della squadra di Garcia. Bel gioco, visione internazionale, ambizioni da grande (anche se manca il main sponsor), con vista sul nuovo stadio. Il ritorno nell’ex Coppa dei Campioni fa spiccare il fatturato a 170-180 milioni: un salto mica male dai 125 del 2012-13. Dopo la triade, ormai non così lontana, ecco dunque la «Magica» degli americani, che lavora a una diversificazione dei ricavi per sfondare il muro psicologico (e non solo) dei 200. Passo indietro, invece, del Napoli che perdendo a Bilbao ha visto svanire almeno 30 milioni. Il giro d’affari di De Laurentiis torna ai livelli di due anni fa (120-130 milioni). Bisogna vedere cosa succede in Europa League ma, nel frattempo, preoccupa il crollo di abbonamenti: appena 6.300 le tessere vendute, meno della metà di un anno fa, con circa 3 milioni di introiti andati persi.
LE ALTRE Tra l’aristocrazia e la classe media c’è una borghesia che sta a metà del guado. Nel 2013 la Lazio varcò di slancio la soglia dei 100 milioni di ricavi: quest’anno senza Europa starà appena sotto. La Fiorentina è a un’incollatura, a quota 85-90. Rinunciando alle ricche plusvalenze dei precedenti esercizi, quest’estate i Della Valle devono aver fatto due conti: teniamo alto il livello della squadra, rimpolpiamo se necessario le casse del club (che nel 2012 e 2013 ha chiuso il bilancio in utile solo grazie a Jovetic & Co.) e puntiamo al salto di qualità, ovvero alla vagonata di milioni della Champions. Poi ci sono le altre, alla spicciolata. Un plotone consistente di piccole, o medio-piccole, guidato dall’Udinese (60-65 milioni di ricavi attesi) ma gli scarti sono minimi e le posizioni possono variare anche alla luce del piazzamento finale in campionato. Per il Torino, in più, c’è il fattore Europa: grazie ai proventi Uefa, si trova leggermente avanti rispetto al gruppetto con Genoa, Palermo e Parma. Scorrendo la graduatoria, va segnalata la scalata del Verona che quattro anni fa era in Lega Pro e, adesso, grazie a un bel lavoro nel settore commerciale (7 milioni di entrate, compreso il nuovo store), sfiora quota 50 di fatturato. Chiude l’Empoli: la Serie A è un miracolo per una città da 48mila abitanti. Sportivo ed economico.
ESTERO LONTANO Messe tutte assieme, come in una holding con venti ramificazioni, le società del massimo campionato producono quasi 1,8 miliardi di ricavi. Che in questa stagione continueranno ad aumentare ma in misura minima (2-3%), in attesa del nuovo ciclo dei diritti tv, in vigore dal 2015-16 e foriero di un incremento del 20% degli introiti. Inghilterra e Germania crescono a ritmi più sostenuti, grazie al «surplus» collettivo regalato dalle rispettive leghe, che godono di maggiore autonomia operativa; tuttavia il grande problema del calcio italiano non va rintracciato nel giro d’affari aggregato ma in quello delle big che fanno da traino al movimento.Nell’ultimo decennio le nostre sono state espulse dall’élite, e se la Juve ha tutto il diritto di vestire l’abito della regina nel proprio castello, fuori confine appare una cenerentola in confronto a Real, Barcellona e Manchester United, che vantano ormai fatturati attorno al mezzo miliardo, e al Bayern, oltre quota 400. I blancos hanno appena svelato il bilancio della passata stagione, chiusa con un altro record del fatturato: 550 milioni, +5,5% sul precedente. Esemplare, poi, il caso dei Red Devils: quest’anno sono fuori dalle coppe (-40 milioni di sterline) ma possono contare sul nuovo main sponsor Chevrolet (+30 milioni). Marchi sempre più globali, quasi sganciati dai risultati sportivi. E noi ancora chiusi in un provincialismo da bottega.