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IL MESSAGGERO Stadio Roma, Berdini: «Ecomostro nel deserto urbano tradita la normativa sugli stadi»

Tor di Valle
Tor di Valle

«La scelta dell’area di Tor di Valle? Secondo me è strategicamente sbagliata. Non solo: il milione di metri cubi concessi dall’amministrazione comunale sono uno sproposito. Anche perché c’è stata chiaramente una forzatura rispetto alla legge sugli stadi. Mi spiego meglio: qui si parla di una densità urbanistica pari a quattro volte viale Marconi. Impensabile per un progetto legato a un impianto sportivo». Paolo Berdini, professore universitario, ex segretario generale dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, boccia senza appello il progetto che tre giorni fa ha ricevuto il via libera dalla giunta comunale.
Professore, cosa non la convince dell’operazione calcistico-immobiliare di Tor di Valle?
«La scelta dell’area è stata strategicamente sbagliata e prima o poi il nodo verrà fuori. Il luogo è sbagliato da due punti di vista: innanzitutto si tratta di una zona classificata ad alto rischio idrogeologico. Tante altre strutture nella stessa area già in passato sono state allagate più volte. L’anno scorso è morta una persona. Pensare di costruirci uno stadio è una decisione miope. Peraltro, da urbanista, mi permetto di sottolineare che immaginare davvero di tirare su in un’area così un colosso da un milione di metri cubi di cemento destinati a uffici e hotel, come vorrebbero fare Parnasi e Pallotta, è davvero arduo. È chiaro che non c’è capienza su quei terreni. Ha fatto bene la Regione a dire che le cubature vanno ridotte. E di tanto. Mi sembra chiaro che qui ci sia stata una forzatura rispetto alla legge sugli stadi. Non so se tutti se ne rendono conto: la densità urbanistica che si andrebbe a creare è pari a quattro volte i palazzi di viale Marconi».
L’altro motivo?
«L’altra ragione è di tipo strategico ed economico. A Tor di Valle c’è il deserto urbano. Il nuovo stadio e questo nuovo mega-complesso, quello che le associazioni ambientaliste hanno definito “Ecomostro”, sorgerebbe in mezzo al nulla. E in questo modo anche gran parte degli investimenti di cosiddetta “pubblica utilità” rischiano di essere soldi buttati o comunque a tutto vantaggio dei privati».
In che senso?
«È ovvio che il grosso delle infrastrutture che verrebbero realizzate, a partire dal prolungamento della metro B a Tor di Valle, non servirebbero un quartiere della città, dato che a Tor di Valle un quartiere non c’è. Sarebbero utili solamente a collegare lo stadio e il centro commerciale e direzionale. Quindi gli unici a trarre qualche utilità da questa operazione, che il Comune ha definito di “pubblico interesse”, sarebbero ancora una volta i privati che costruiscono, non certo i cittadini. Questo è un modo di buttare investimenti che avrebbero dovuto essere pubblici».
Buttare soldi?
«Certo, perché per permettere questa operazione immobiliare il Comune ha chiesto in cambio opere che migliorassero la vita dei cittadini. Invece il grosso delle infrastrutture andrebbe a servire solo le nuove opere private che si vanno a costruire. Lo stadio avrebbe potuto essere una grande occasione per la città invece così ci sono troppi elementi critici e nodi da sciogliere».
Ci sarebbero state zone più indicate per costruire il nuovo impianto sportivo della Roma?
«Ma certo che sì. Intanto Roma Est, dalla Romanina all’area di Tor Bella Monaca. Qualcuno ha anche parlato di Tor Vergata, che sicuramente è meglio servita dal punto di vista dei trasporti e delle infrastrutture viarie. E almeno lì esistono tessuti urbani veri, non come a Tor di Valle. Questa è un’operazione che va fermata per tutelare gli interessi della città».
Esperti di Antitrust hanno detto che questo progetto, senza una variante urbanistica, viola le norme sulla concorrenza. È d’accordo?
«È un’osservazione assolutamente giusta. Se non si trovano accordi con gli altri proprietari, potrebbe esserci un’azione di rivalsa davanti ai tribunali amministrativi da parte di chi si sente giustamente defraudato».

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