Meglio una brutta verità che una bella bugia. Sarebbe piaciuto a Claudio Lotito questo passaggio lapidario della conferenza stampa di Antonio Conte. Ma purtroppo, anche la sua strepitosa ubiquità in questo caso non lo ha aiutato, avendo riservato all’evento solo la sua momentanea assenza. Era impegnato in altre faccende, Lotito, piombato a Bari, in volo con Tavecchio, come il padrone della scena: c’era da vivere alla grande il suo debutto azzurro, più di Conte, più del neopresidente. Il presidente della Lazio si è aggirato a lungo a bordo campo indossando un’ampia giacca a vento ufficiale della Nazionale. Deve aver fatto il tifo perché piovesse per avere il destro di poter indossare quella uniforme a lungo inseguita e negatagli formalmente dalla trattativa in extremis tra il presidente del Coni Malagò e il candidato Tavecchio.
Ma è la somma che fa il totale: e Lotito non è mai stato tanto dentro alle cose azzurre, oltre alla giacca a vento, come adesso: sempre in prima fila a scortare il neopresidente, sia nella fase cruciale del contratto di Conte, sia alla vigilia del suo debutto da ct. Della stanza riservatagli al quinto piano di via Allegri sapete già, per non dire dell’incarico ad personam affidatogli subito dall’erede di Abete, per formulare il piano di riforme della Federcalcio. Questo per dire che non è solo l’apparenza che fa pensare ma la sostanza. E lui, giustamente dal suo punto di vista, si gode la situazione. Del resto lo aveva detto in tempi non sospetti: «Sistemiamo certe cose poi ci divertiamo…». Era molto compreso nel ruolo, sempre targato Italia sul petto, Lotito, quando ha tagliato il corridoio d’ingresso dello stadio, seguito dal presidente del Bari, Paparesta. Come era la storia delle verità e delle bugie?
Fonte: Corriere dello Sport