E poi ti ricordi di Scirea.
Non accade sempre, non accade troppo di rado. Accade con la giusta misura, ogni volta che il calcio del presente ti suggerisce un paragone istintivo, che per forza di cose diventa impietoso.
Accade più spesso di prima, è giusto dire allora, più di frequente, oggi che i comportamenti servono quasi soltanto a far discutere e i bambini sono destinati sempre più spesso a restare delusi.
Forse non è neppure giusto eleggere certi giocatori e, ancor prima, certi individui, a termine di paragone, perché inevitabili sono il rimpianto e la delusione. Meglio godersi il ricordo dell’ammirazione, che vale il doppio per tutti i non juventini, che oggi come allora detestano la maglia bianconera e tutto ciò che rappresenta. Perché ci si soffermava sempre per qualche rispettoso istante, in mezzo ai cori e agli insulti, quando quel profilo affilato tributava a quella maglia una tregua di rispetto.
Ti ricordi di Scirea; perché è anche uno dei pochi appigli per continuare a credere che il dio del calcio, spesso così distratto, esista davvero e ce lo dimostri, sempre troppo poco, regalando alla gente, a tutta la gente senza distinzioni di colori, giocatori come lui.
Sbiadiscono i ricordi, non gli esempi.
Paolo Marcacci