(T. Ricciardi) – Piacenza, 25 gennaio 2003, stadio Garilli, campo neutro di Como-Roma: prima giornata del girone di ritorno della Serie A 2002-2003. La Roma affronta il Como di Fascetti che schiera Brunner, Stellini, Tarantino, Juarez, Tomas, Binotto, Cauet, Corrent, Music, Caccia, Carbone. Non una squadra irresistibile, che però vince con i gol di Music e Carbone. Per la squadra giallorossa è notte fonda. Una partita da dimenticare in fretta in una stagione anonima che vedrà gli uomini di Capello finire all’ottavo posto in classifica.
Quella data, però, fa la storia romanista perché in campo si vede per la prima volta in campionato un ragazzo dell’83 – non ancora ventenne – che di nome fa Daniele, di cognome De Rossi e sulle spalle porta il numero 27. Il biondo di Ostia aveva già esordito in prima squadra, in Champions League, l’anno prima contro l’Anderlecht. Ma nel massimo torneo non aveva ancora visto il terreno di gioco. La prestazione è buona, nonostante il risultato. Il Corriere della Sera gli dà 6 in pagella con un giudizio lusinghiero: “Il ragazzino si presenta col magnifico blitz che innesca la brutta conclusione di Delvecchio, prosegue con sostanza e qualità, in mezzo a tanti grandi che sbandano. Il suo esordio in A avrebbe meritato altra fortuna”. Da allora sono passati 11 anni o 4295 giorni o 342 partite. Ma non solo, il numero di maglia è diventato il 16 che richiama la data di nascita della figlia Gaia. Perché, nel frattempo, quel ragazzo è diventato uomo, papà e simbolo assoluto della Roma. Se dovesse scendere in campo con il Cesena sarebbero 344 presenze in campionato e agguanterebbe al terzo posto delle presenze romaniste di sempre Sergio Santarini. Davanti a lui avrebbe soltanto Giacomo Losi a 386 e Totti – probabilmente irraggiungibile – al momento fermo a 567.
De Rossi, però, è il romanista con più partite con la nazionale italiana e la prossima volta che vestirà la maglia azzurra festeggerà l’apparizione numero 100. E pensare che a inizio carriera sarebbe dovuto andare al ChievoVerona in un ipotetico affare per portare Nicola Legrottaglie nella Capitale.
Ma alla fine tutto sfumò e lui non cambiò mai più società: “Sono contento di essere rimasto – disse in un’intervista del 2003 – Quando vai in prestito è difficile che ti facciano giocare, non è più come ai tempi di Conti o Di Bartolomei. Io preferisco essere rimasto a Roma, far parte del gruppo. Rimanere qui è il massimo. La fascia di capitano? Solo quando Totti deciderà di lasciare il calcio. E chissà se io sarò ancora all’altezza. Insomma, è un sogno, ci terrei, ma mi rendo conto che è quasi impossibile”. Nel corso del tempo ha vinto 1 Mondiale (2006) con la Nazionale, 2 coppe Italia e 1 Supercoppa Italiana sfiorando in un paio di occasioni lo scudetto, ma il suo legame con questi colori non è mai venuto meno. “Il mio amore per la Roma nasce prima di aver cominciato a giocare in questa squadra – dichiarò nel 2008 – Lontano da qui non mi ci vedo: non sarei altrettanto felice di giocare con un’altra maglia. Non mi importa se la Roma compri o non compri campioni, io gioco per la Roma non per il club. Non sapete cosa significhi la Roma, è un orgoglio”. Una volta andò oltre dicendo di “avere un unico rimpianto, quello di poter donare alla Roma una sola carriera”. Rischiò solo una volta di andare via, quando il suo contratto aveva scadenza 2012 e in molti si fecero sotto per prenderlo, ma alla fine l’amore prevalse: “Quello che mi ha spinto a firmare il contratto è la passione per questa squadra e questa gente. Mi sono reso conto che quello di cui ho bisogno sta qui. Ho bisogno della Roma per giocare in un certo modo”. E ancora, in tempi recenti, ha aggiunto: “Non è stata l’ambizione o la voglia di vincere la Champions che mi ha fatto rimanere, ma i 30 anni di vita di tifo per questa maglia”. Perché Daniele oltre che ad essere uno dei migliori centrocampisti d’Europa è un tifoso che si appresta ad entrare per sempre nel podio dei romanisti più presenti in campo. De Rossi e Totti oggi fanno insieme 910 presenze in Serie A. De Rossi e Totti ce li ha la Roma. Gli altri no.
Fonte: asroma.it