(F. Monti) – I giochi sono fatti. Oggi Giovanni Malagò mette la parola fine alla storia iniziata nei giorni di avvicinamento all’elezione al vertice del Coni (19 febbraio 2013), quando era riuscito a ribaltare il pronostico che vedeva favorito Pagnozzi, promettendo meno contributi al calcio e più soldi alle altre federazioni, nel quadro di una rivisitazione dello sport italiano non più calcio-centrico. L’allora presidente della Figc, Giancarlo Abete, aveva pubblicamente spiegato che avrebbe votato per Pagnozzi e da lì è nato un contenzioso ideologico fra i due dirigenti, che non si è ancora esaurito, visto che Abete, dopo aver lasciato sua sponte la Figc, è rimasto in Giunta Coni, nel pieno rispetto delle norme. Oggi, tra Consiglio nazionale (ieri se ne è celebrato uno informale, chiuso in tarda serata) e Giunta (sarà presente anche Tavecchio, come ospite), verrà ufficializzato il taglio del 40% di quanto è stato corrisposto alla Figc nel 2014. In base ai nuovi parametri, sui quali ha lavorato la commissione presieduta dal presidente della Federazione canoa, Luciano Buonfiglio, i 62.541.720 di quest’anno si riducono a 37.525.032 euro per l’anno prossimo, con un decremento di 25.916.688 euro. La decurtazione sarà in parte corretta da cinque milioni che il calcio deve avere da conti in sospeso e resta da verificare se verrà data alla Figc anche una parte del «tesoretto» (il portafoglio a disposizione della Giunta Coni, gestito direttamente da Malagò), che sarà di 14.394.000 euro. Nel 2015, dei 405.658.000 milioni saranno destinati alla parte sportiva 129.260.000 euro.
Ieri, a «Destinazione Rio» c’era grande euforia da parte dei presidenti del fronte «no-calcio», guidati dal n. 1 della Federatletica, Alfio Giomi (avrà 800.000 euro in più): «Non so di che cosa ci si stupisca, ci sono le regole e le regole valgono per tutti». Il presidente del Coni ha spiegato: «Il calcio fa bene ad essere preoccupato, perché ci sono i numeri che sono assolutamente chiari. Al tempo stesso esistono i presupposti per il calcio per dimostrare che si può fare in futuro qualcosa di più e di diverso. Questo argomento non è nato nell’ultimo fine settimana, ma è un discorso partito poco dopo il mio insediamento e che per un anno era alla portata di tutti, molto chiaro e evidente. Da questo punto di vista c’è stata un po’ di sottovalutazione». Il riferimento è ad Abete che, visto il clima di generale ostilità nei confronti del calcio, aveva deciso di non entrare nella commissione Bonfiglio, riservandosi osservazioni e critiche durante i lavori di Giunta. Il «taglio» al calcio ha creato situazioni curiose. Gianni Petrucci, che, insieme con Abete è stato uno dei grandi elettori di Pagnozzi, è fra i più accesi sostenitori di Malagò in questa azione anti-calcio, come il presidente della Federciclismo, Di Rocco, che dopo aver votato Pagnozzi, ora festeggia la novità.
Chi guadagna di più dai tagli al calcio è la Federnuoto, con il presidente Barelli, il grande nemico di Malagò, che riceverà un milione di euro in più. Il neo d.g. della Federcalcio, Michele Uva, che con analogo ruolo alla Coni Servizi aveva preteso il versamento dei cinque milioni della mutualità in base alla legge Melandri sui diritti tv, ieri ha difeso il pallone: «Il calcio italiano ha finanziato le medaglie olimpiche. Le squadre di A versano nel sistema circa un miliardo di euro all’anno fra tasse, Iva, Irpef e altre contribuzioni fiscali». L’intervento di ieri nel Consiglio informale da parte del vice-presidente vicario della Figc, Maurizio Beretta, non ha aiutato il pallone a recuperare consensi. Anzi. Resta il fatto che i dirigenti del calcio contestano la scelta del Coni per i tempi (a stagione iniziata, con impegni già presi e non entro il 30 giugno); i modi, quasi brutali nella forma; il merito, con un aumento della conflittualità che già esiste tra Figc e altri sport, non sempre virtuosi. E la sostanza, perché il taglio dei finanziamenti va ad intaccare i settori giovanili, l’area dilettanti, gli organi di giustizia, l’antidoping, gli arbitri. È vero che i fischietti costano circa 36 milioni, ma siccome in un anno si giocano 700.000 partite la media è di 55 euro a gara, con rimborsi chilometrici quasi irrisori. C’è chi ha riproposto la vecchia storia degli arbitri di A e B pagati dalle Leghe, ma questo è il sistema che ha prodotto Calciopoli, perché quando le società garantiscono il professionismo arbitrale, tutto può accadere. Malagò. davanti a 40 persone, ha contestato la tesi che i contributi non vadano all’area pro, spiegando che in base a vecchie convenzioni interne, parte dei contributi vengono destinati alle società (perazioni) di serie B e di Lega Pro. Si annunciano giorni tumultuosi dentro e fuori la Figc