(D. Stoppini) – Dev’essere (anche) una forma di ringraziamento postuma. Perché se James Pallotta ha oggi una confidenza con il calcio — oltre che con il basket — un po’ di merito andrà pure a lei, Mia Hamm, «the chosen one». Sì, la prescelta, soprannome che le fu dato negli anni Novanta. Prescelta per diffondere anche negli States uno sport, il soccer, intorno al quale gli esperti di marketing Usa non riuscivano a darsi pace: ma perché qui non tira? Poi è arrivata lei, la Pelè del calcio femminile, 158 gol con la nazionale e due…di tutto: due Mondiali vinti, due ori olimpici, due volte Pallone d’Oro, una delle due uniche donne inserite nella Fifa 100, una lista di 125 atleti considerati i calciatori viventi più forti a livello mondiale. In una parola, the chosen one. Anche per Pallotta, una ventina d’anni dopo, per entrare nel Cda della Roma. Più o meno, con lo stesso obiettivo: che il presidente cercasse una figura «globale» per diffondere il marchio Roma era cosa nota da tempo. Ci aveva già provato con Kevin Garnett, un approccio c’era stato anche con Serena Williams, ma problemi di clausole Nba e di sponsor avevano bloccato tutto. Alle 18 di ieri, è arrivata la Hamm, che farà da apripista a una serie di iniziative della società: l’apertura di alcune academy negli Stati Uniti, un progetto di partnership con la Roma femminile, più in generale l’idea di una polisportiva giallorossa. «Sono convinto che questo sia uno dei migliori Cda in ambito sportivo», ha commentato Pallotta.
La sua vita – Oggi la Hamm potrebbe partecipare telefonicamente al consiglio d’amministrazione. Di certo non è il suo primo contatto con il mondo Roma: fu lei a presentare la squadra, a Orlando, nel dicembre 2012 nella serata Disney. A Montecarlo, tre settimane fa, è stata premiata con il Golden Foot. E mentre metteva le sue impronte sulla Promenade, raccontava: «Francesco Totti è il mio calciatore preferito, anche se in Italia seguo pure Pirlo e De Rossi. La Roma è la squadra che amo di più. E conosco Pallotta». Presto sarà in Italia, proprio per assistere a una partita della Roma all’Olimpico e per incontrare il capitano giallorosso. Che magari un po’ la invidierà, rileggendo un curriculum che parla di 10 triplette segnate con la nazionale e 144 assist, record tuttora imbattuti. È una testimonial Nike, proprio come la Roma. Di più: l’azienda Usa le ha dedicato anche una palazzina nel quartier generale, in Oregon. Classe 1972, laureata in Scienze politiche, un giorno disse spiegando il suo modo di vivere il soccer ad alcune giovani: «Non dovete solo battere le avversarie. Dopo la partita dovranno pensare di non volervi mai più vedere su un campo di calcio». E invece ammirare la Hamm è sempre stato piacevole, anche per chi la ritenne così bella da inserirla tra le 50 donne più sexy d’America, come fece la rivista «People» nel 1999. Vallo a dire a Playboy, che provò a offrirle la copertina: respinti con perdite. È andata meglio alla Mattel, che pensando a lei ha ideato una Barbie con il pallone. La Wusa, la lega femminile americana, ha la sua silhouette nel logo. Lei che dal calcio si è ritirata nel 2004: in California fu organizzata un’amichevole solo per Mia, che aveva appena conquistato il suo secondo oro olimpico. «Ora smetto, voglio fare la mamma», disse. Impresa riuscita.
La famiglia – È sposata con Nomar Garciaparra, ex fuoriclasse di baseball, dal quale ha avuto tre figli: due gemelle e un maschio, Garrett Anthony. Garrett come il fratello di Mia, scomparso a 28 anni per una forma di anemia plastica. È per lui che esiste la «Miafoundation», fondazione dedicata alla raccolta fondi e alla donazione di sangue e midollo. «È merito suo se ho imparato ad amare lo sport», ricorda la Hamm. Che accanto al fratello visse in Italia, giovanissima: il papà Bill era un pilota d’aerei e faceva base a Firenze. Era un abbonato della Fiorentina, non si perdeva una partita di Antognoni: è lì, all’età di 4 anni, che secondo la leggenda Mia toccò per la prima volta un pallone.
Poi papà Bill fu trasferito e passò qualche mese anche a Roma, prima di tornare negli Stati Uniti. La Hamm non era ancora «the chosen one». Era una bambina, parlava italiano, poi l’ha dimenticato. Chissà che ora, riaprendo qualche cassetto della memoria, non rispunti qualche parola…magica