(M. Cecchini) – Il giorno dopo, la tempesta non si è placata, però qualcosa è cambiato. Ovvero: il vento ha ricominciato a soffiare all’incontrario grazie agli interventi di James Pallotta e Rudi Garcia. Se l’universo giallorosso si è schierato al fianco di Morgan De Sanctis, chi non ha gradito è stato il presidente della Roma, nelle cui stanze bostoniane sono rimbalzate così forti le polemiche del calcio italiano da spingerlo a chiedere spiegazioni ai propri dirigenti. Pallotta, d’altronde, la scorsa settimana aveva dichiarato: «Dovremmo fare tutti un respiro profondo e calmarci un po’. Il calcio è un gioco che va a mille all’ora e a volte emergono errori e controversie: questo è un discorso valido per tutti. Occorre dimostrare chi siamo in campo, non a parole».
SPIEGAZIONI – Ma De Sanctis è andato avanti con le sue idee e così ieri il numero uno giallorosso si è interrogato con irritazione sul perché la sua linea fosse stata disattesa in modo così rumoroso. A onor del vero, c’è da sottolineare due cose: 1) prima dell’intervista, De Sanctis era stato messo a conoscenza della linea politica (anche se uno del suo carisma è difficile da tacitare); 2) lo stesso Pallotta nella intervista alla Gazzetta aveva precisato: «Nella Roma chiunque può dire come la pensa: io, lo staff, i manager e i giocatori». Il portiere lo ha preso alla lettera, ma l’eco avuta dalle sue parole è stata enorme e così Pallotta ha tenuto a ribadire la sua linea: basta polemiche. Per il portiere comunque nessun rimprovero, solo qualche battutina sugli argomenti caldi. Ciò che conta adesso, d’altronde, è solo il futuro e a quello ha pensato il tecnico.
FACCIA A FACCIA – In fondo, se volessimo sintetizzare, potremmo descrivere la condizione «politica» di Garcia in questo modo: l’allenatore è certamente «pallottiano». Cioè, mentre infuriano le polemiche, il tecnico francese ha voluto fare un breve faccia a faccia con la squadra, approfittando del fatto che tutti i giocatori erano tornati dagli impegni con le rispettive nazionali. Messo in soffitta il violino torinese e la stessa musica che si sente suonare – gesto che gli è costato l’espulsione durante il match – il lavoro psicologico di Garcia è ricominciato subito e così i calciatori non sono rimasti sorpresi dal fatto che l’allenatore – prima di alcuni colloqui individuali con chi era stato fuori – si sia espresso, nella breve riunione tecnica, più o meno in questo modo: dimentichiamo quello che è successo di brutto contro la Juve e non pensiamo più agli arbitri. Proprio a Torino abbiamo dimostrato di essere forti e di poter vincere lo scudetto e quindi continuiamo a lavorare a testa bassa. Non voglio che si pensi a Juve e Bayern, contro il Chievo dobbiamo subito ricominciare a vincere». Discorso sacrosanto: alla Roma non è tempo di alibi.