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GAZZETTA DELLO SPORT Scatta la Juve tra le polemiche, ma la Roma c’è

Yanga Mbiwa
Yanga Mbiwa

(L. Garlando) – Il palazzo del governo ha vacillato sotto i colpi della guerriglia, ma è rimasto in piedi. Al termine di una battaglia durissima, ha vinto ancora la Juve dei tre scudetti, che non è imborghesita come si poteva pensare dopo Madrid. Al di qua delle Alpi e delle dogane, continua ad avere la maschera feroce di Tevez, doppietta, e la furia di Bonucci che ha segnato il gol decisivo nel finale.

Crescita Roma La Roma sconfitta continuerà la sua lotta d’opposizione, ora le tocca rincorrere, ma nella boscaglia si porta certezze nuove e confortanti. Negli ultimi tre incroci allo Stadium era sempre stata spianata senza pietà: 11-1 il risultato complessivo. Ieri i guerriglieri di Garcia non hanno abbassato gli occhi davanti ai campioni, li hanno spaventati, hanno segnato a Buffon i primi gol del campionato. Hanno ribaltato lo svantaggio, hanno sfiorato il match-point, sul 2-2 hanno avuto la palla del 3-2. Il pareggio sarebbe stato il risultato più onesto. La Roma non è stata inferiore sul piano del gioco, ha confermato la personalità di Manchester e mostrato più opzioni di manovra. La sensazione a caldo è che le due squadre resteranno vicine per tutta la stagione fino al nuovo faccia a faccia dell’Olimpico che potrebbe decidere la storia.

Naufragio Rocchi Non è stata solo una partita. È stata anche la fotografia del calcio italiano, intossicato dalle tensioni, avvelenato dagli episodi: tre rigori, due espulsi per zuffa (Manolas, Morata), più Garcia cacciato perché ha mimato una sviolinata per dire che Rocchi aveva omaggiato la Signora con un rigore dolce come una serenata. Nervi tesi anche in tribuna. L’arbitro Rocchi è naufragato nella tempesta: due rigori inesistenti su tre, più spiccioli. Raccontiamo a parte. A un certo punto sembrava che fischiasse per chiedere aiuto, ma i giocatori, impegnati a darsele, non lo hanno mai soccorso. Difficile in questo contesto pretendere un gioco di qualità. Infatti le emozioni sono arrivate dall’accavallarsi adrenalinico degli episodi più che dalle belle giocate, eppure il prato era pieno di stelle. Notare: Manolas e Morata, appena arrivati, sono già stati contagiati dalla nostra follia. Benvenuti.

C’è Pirlo Tutto era cominciato con la sorpresa di Allegri: c’è Pirlo, alla prima uscita ufficiale della stagione. Gli fa posto Vidal, carnefice della Roma negli ultimi tre incroci allo Stadium (4 gol). Garcia preferisce il più offensivo Iturbe a Florenzi e il più tonico Holebas a Cole. Paiono propositi di aggressione, in realtà la Roma all’inizio sembra la Juve di Madrid, preoccupata soprattutto di gestire l’immunità e la Juve sembra la Roma di Manchester, animata da sacro furore. Il ritorno di Pirlo ha riportato indietro l’orologio ai tempi di Conte: meno palleggio allegriano, più verticalizzazioni antiche. Bonucci, che quest’anno ha avuto ordine di lanciare meno, si adegua volentieri al riflusso e catapulta Marchisio davanti a Skorupski: diagonale largo.

Totti e Tevez E la Roma? La Roma tiene al caldo le sue ripartenze, con l’idea di puntare soprattutto a destra, dove Garcia ha ammassato Iturbe e Pjanic, contro natura. La Roma si raccoglie in attesa di slacciare l’arco, ma viene sorpresa dal vantaggio di Tevez dal dischetto (27’). Il mano di Maicon non è da rigore e infatti cinque minuti dopo al povero Rocchi non par vero di vedere l’incauto Lichtsteiner aggrappato a Totti in area per rimediare. Il capitano fa 1-1. Non aveva mai segnato allo Stadium, così come l’Apache non aveva mai fatto gol alla Roma da juventino. Erano i più attesi, hanno risposto. È in questa fase che i guerriglieri danno l’impressione di poter mettere a segno il golpe. Giocano meglio, mostrano trame più logiche. Keita dirige bene, con la semplicità dei grandi. Quando Totti uscirà dal campo, la fascia gli cadrà sul braccio quasi per atto dovuto, anche se è l’ultimo arrivato. La Juve, che ha un Pirlo in ritardo (sbaglia molto), un Llorente nullo e tanta nostalgia del miglior Vidal, è tutta nella ricerca di Tevez. Il vantaggio della Roma è una delle rare perle della serata: accelerata e imbucata di Gervinho per Iturbe che giustizia Buffon sul primo palo (44’). Lo stesso Gervinho, che s’invola tutto solo mentre Caceres si strappa, potrebbe appendere la nuova bandiera sul palazzo del governo. Ma sbaglia. E l’Apache non è tipo che perdona. Subisce fallo da un irriconoscibile Pjanic, il vero latitante della Roma, e realizza dal dischetto l’ottavo gol in sette partite: un demonio (48’).

Decide Bonucci Nella ripresa regna l’equilibrio e, con la stanchezza, monta la tensione. Le alleanze di Lega non arrivano in campo. Il salotto buono dello Stadium diventa un’arena. Pjanic si divora un gol, Morata scheggia la traversa di testa: sembra l’antipasto a un pareggio necessario, tutto sommato giusto. E invece al 41’ Bonucci, caricato dalle tante sedute dal motivatore, si avventa su una palla non facile che spiove al limite e la calcia con tutta l’autostima del mondo. L’urlo di gioia con le vene del collo ingrossate racconta bene le tensioni della serata che si avvelenerà ulteriormente nelle dichiarazioni del dopo partita: accuse, sospetti, complotti… Il made in Italy, insomma.

Crescita Roma La Roma sconfitta continuerà la sua lotta d’opposizione, ora le tocca rincorrere, ma nella boscaglia si porta certezze nuove e confortanti. Negli ultimi tre incroci allo Stadium era sempre stata spianata senza pietà: 11-1 il risultato complessivo. Ieri i guerriglieri di Garcia non hanno abbassato gli occhi davanti ai campioni, li hanno spaventati, hanno segnato a Buffon i primi gol del campionato. Hanno ribaltato lo svantaggio, hanno sfiorato il match-point, sul 2-2 hanno avuto la palla del 3-2. Il pareggio sarebbe stato il risultato più onesto. La Roma non è stata inferiore sul piano del gioco, ha confermato la personalità di Manchester e mostrato più opzioni di manovra. La sensazione a caldo è che le due squadre resteranno vicine per tutta la stagione fino al nuovo faccia a faccia dell’Olimpico che potrebbe decidere la storia.

Naufragio Rocchi Non è stata solo una partita. È stata anche la fotografia del calcio italiano, intossicato dalle tensioni, avvelenato dagli episodi: tre rigori, due espulsi per zuffa (Manolas, Morata), più Garcia cacciato perché ha mimato una sviolinata per dire che Rocchi aveva omaggiato la Signora con un rigore dolce come una serenata. Nervi tesi anche in tribuna. L’arbitro Rocchi è naufragato nella tempesta: due rigori inesistenti su tre, più spiccioli. Raccontiamo a parte. A un certo punto sembrava che fischiasse per chiedere aiuto, ma i giocatori, impegnati a darsele, non lo hanno mai soccorso. Difficile in questo contesto pretendere un gioco di qualità. Infatti le emozioni sono arrivate dall’accavallarsi adrenalinico degli episodi più che dalle belle giocate, eppure il prato era pieno di stelle. Notare: Manolas e Morata, appena arrivati, sono già stati contagiati dalla nostra follia. Benvenuti.

C’è Pirlo Tutto era cominciato con la sorpresa di Allegri: c’è Pirlo, alla prima uscita ufficiale della stagione. Gli fa posto Vidal, carnefice della Roma negli ultimi tre incroci allo Stadium (4 gol). Garcia preferisce il più offensivo Iturbe a Florenzi e il più tonico Holebas a Cole. Paiono propositi di aggressione, in realtà la Roma all’inizio sembra la Juve di Madrid, preoccupata soprattutto di gestire l’immunità e la Juve sembra la Roma di Manchester, animata da sacro furore. Il ritorno di Pirlo ha riportato indietro l’orologio ai tempi di Conte: meno palleggio allegriano, più verticalizzazioni antiche. Bonucci, che quest’anno ha avuto ordine di lanciare meno, si adegua volentieri al riflusso e catapulta Marchisio davanti a Skorupski: diagonale largo.

Totti e Tevez E la Roma? La Roma tiene al caldo le sue ripartenze, con l’idea di puntare soprattutto a destra, dove Garcia ha ammassato Iturbe e Pjanic, contro natura. La Roma si raccoglie in attesa di slacciare l’arco, ma viene sorpresa dal vantaggio di Tevez dal dischetto (27’). Il mano di Maicon non è da rigore e infatti cinque minuti dopo al povero Rocchi non par vero di vedere l’incauto Lichtsteiner aggrappato a Totti in area per rimediare. Il capitano fa 1-1. Non aveva mai segnato allo Stadium, così come l’Apache non aveva mai fatto gol alla Roma da juventino. Erano i più attesi, hanno risposto. È in questa fase che i guerriglieri danno l’impressione di poter mettere a segno il golpe. Giocano meglio, mostrano trame più logiche. Keita dirige bene, con la semplicità dei grandi. Quando Totti uscirà dal campo, la fascia gli cadrà sul braccio quasi per atto dovuto, anche se è l’ultimo arrivato. La Juve, che ha un Pirlo in ritardo (sbaglia molto), un Llorente nullo e tanta nostalgia del miglior Vidal, è tutta nella ricerca di Tevez. Il vantaggio della Roma è una delle rare perle della serata: accelerata e imbucata di Gervinho per Iturbe che giustizia Buffon sul primo palo (44’). Lo stesso Gervinho, che s’invola tutto solo mentre Caceres si strappa, potrebbe appendere la nuova bandiera sul palazzo del governo. Ma sbaglia. E l’Apache non è tipo che perdona. Subisce fallo da un irriconoscibile Pjanic, il vero latitante della Roma, e realizza dal dischetto l’ottavo gol in sette partite: un demonio (48’).

Decide Bonucci Nella ripresa regna l’equilibrio e, con la stanchezza, monta la tensione. Le alleanze di Lega non arrivano in campo. Il salotto buono dello Stadium diventa un’arena. Pjanic si divora un gol, Morata scheggia la traversa di testa: sembra l’antipasto a un pareggio necessario, tutto sommato giusto. E invece al 41’ Bonucci, caricato dalle tante sedute dal motivatore, si avventa su una palla non facile che spiove al limite e la calcia con tutta l’autostima del mondo. L’urlo di gioia con le vene del collo ingrossate racconta bene le tensioni della serata che si avvelenerà ulteriormente nelle dichiarazioni del dopo partita: accuse, sospetti, complotti… Il made in Italy, insomma.

Casa dolce casa La Juve ha messo in fila la ventiduesima vittoria di fila in casa, come nessuno nella storia. Il palazzo del governo è salvo, ha retto all’assalto, ma i guerriglieri di Garcia sono rientrati nella boscaglia convinti che presto potranno abbatterlo. Violini permettendo.

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