(P. Condò) – Il linguaggio del corpo di Rudi Garcia e Pep Guardiola descrive Roma-Bayern al meglio di ciò che potrebbe essere: una gran bella partita fra due orchestre sensibili al lato estetico dei loro concerti, e rasserenate da un girone che resta lungo e pericoloso, ma sembra instradato bene. Garcia prende il microfono all’ora di pranzo a Trigoria come De Gregori potrebbe imbracciare la chitarra al termine di una cena tra amici: pendiamo tutti dalle sue labbra estatici, ridendo dello sketch ideato per fermare l’incessante clic dei fotografi – una reflex sequestrata a un amico in prima fila – e lasciandoci cullare dalla tranquillità sorniona e divertita che, corroborata dai risultati, ne ha fatto una specie di guru.
I DUE PIACIONI – Garcia è un leader nato e insieme un piacione, per usare un termine coniato proprio a Roma, e che dice tutto; ma un piacione (di più antica data) è pure Pep Guardiola, cui non costa certo fatica recitare una poesiola su Totti – lo stima moltissimo – ma sa che così facendo dispone l’uditorio romano al più affettuoso dei consensi. Il duello sul filo del piacionismo è raffinato e di livello: e se Garcia tiene il campo dialettico con un rivale che ha «combattuto» all’ultimo sangue contro Mourinho – ogni parola dei loro confronti verbali era un raggio laser: mai vista una simile violenza, per quanto sublimata – c’è da pensare che stasera anche la Roma ne sarà capace. Equilibrio in vista. Del resto abbiamo spiato una missione negli occhi di tutti i giocatori – da De Rossi a Müller e Robben – che hanno interrotto la veglia d’armi per venire a dire due cose ai giornalisti.
PUNTI NECESSARI – La vigilia soft non toglie un grammo di importanza alla partita: semmai la esalta, come un gran caffè viene fuori quando hai il coraggio di togliere lo zucchero. La Roma è partita molto bene nel girone, ma contro il Bayern deve fare dei punti perché dal City contro i russi se ne deve aspettare sei su sei, e il possibile sorpasso come un duecentista che sfrutta il decalage della corsia più interna. Dopo l’eccellente pareggio di Manchester l’obiettivo dev’essere arrivare all’ultima gara, lo scontro diretto col City dell’Olimpico, con due risultati a disposizione: per riuscirci sarà necessario vincere a Mosca e raccogliere col Bayern un punto in più (in due partite) di quanto sarà capace di fare la rivale inglese in una gara sola, quella casalinga. Diciamo che una vittoria stasera timbrerebbe la qualificazione al 90 per cento, aprendo pure il discorso primo posto: non sarà per niente semplice – il Bayern è la nostra seconda favorita al titolo, dopo il Chelsea e prima di Real e Barça – ma il solo fatto di poterne parlare descrive quanto fatto fin qui da Garcia.
DIFFERENZE DI POSSESSO – Il possesso del pallone è tema centrale nella preparazione di questa partita: assodato che non è più garanzia di successo (se mai lo è stato), entrambe le squadre comunque lo praticano. Ma se nel gioco del Bayern – un ibrido fra il vecchio tiqui-taca del Barcellona e la verticalità data da attaccanti come Lewandowski e Robben – resta un fattore fondante, quasi ideologico, in quello della Roma è piuttosto la conseguenza di confronti spesso squilibrati. Sabato col Chievo è andata 3-0 in mezz’ora, logico poi gestire trastullandosi col pallone. Il gioco giallorosso sarebbe infatti più verticale, come raccontano bene i grafici di questa pagina: l’asse portante tra Nainggolan e Pjanic – il polmone che recupera e la mente che elabora – gioca sempre in avanti verso Totti o sulla destra per Maicon, mentre quella del centrocampo bavarese è una vera ragnatela che ha in Xabi Alonso il cuore e nelle linee di passaggio che da lui si dipanano una serie di «zampe» di analogo spessore (e dunque frequenza).
UOMINI CHIAVE – Detto che un’uscita dai blocchi sopra ritmo della Roma, come accadde contro il Cska (che ne venne annientato), è un’opzione da non scartare per infiammare ulteriormente lo stadio, la logica tattica prevede un Bayern che avanza attraverso il palleggio e una Roma fulminea – anche a costo di sbagliare passaggi – nel rovesciare il campo appena recuperato il pallone. Guardiola cambia mille moduli a partita grazie all’eclettismo dei suoi campioni: conoscete tutti Müller, Robben e Götze, dato in gran forma, noi vi segnaliamo la strepitosa qualità di Alaba, uno dei quindici migliori giocatori del mondo se ci passate il concetto che i top non devono essere per forza attaccanti o trequartisti. La risposta della Roma è nel rendimento di Iturbe e Gervinho, cui si chiede di tenere bassa la difesa del Bayern; naturalmente nella direzione di Totti, che avrà in zona un rivale scomodo come Xabi; e infine, dietro, nella capacità di chiudere le fasce di Maicon e Cole – due vecchie lenze, e come tali non freschissime – davanti ai serial killer a disposizione di Guardiola. Se reggono loro, la Roma se la gioca fino in fondo.