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IL TEMPO Dal patron un invito alla civiltà

James Pallotta
James Pallotta

(G. Giubilo) Non ci fa onore, alla fine dei conti, la double face che il calcio italiano presenta al mondo. Già è esaltante che in soccorso dell’aspetto migliore debba intervenire un signore americano, grande uomo di sport e attualmente patron della Roma. Dovrebbe essere studiato e recepito meglio, il suo invito alla distensione, da chi continua a ignorare la civiltà dei comportamenti, quella degli accenti era andata perduta da un pezzo. Sono di conforto, le parole di Jimmy Pallotta, se non altro rappresentano un messaggio di speranza, anche in questi giorni si è avuta la gradevole sensazione che qualcuno sia in grado di recepirle.

A proposito di parole, Pavel Nedved ha cancellato dalla mente i suoi precedenti sportivi, adesso si offende per gli strali di Francesco Totti. Ma non c’è da preoccuparsi, è sicuramente un’offesa simulata, magari qualche giudice gli darà una mano, come accadeva sul campo. Quando Mino Raiola era manager del boemo, affermò che Francesco Totti è un leone soltanto all’Olimpico, forse non saranno d’accordo i tifosi del Manchester City. Francesco rimane un’immagine positiva per il calcio e non soltanto per quello italiano, non merita offese gratuite.

Soltanto un buffetto per Bonucci, richiamato per la volgarità del suo «sciacquatevi la bocca», quanto per la lapidaria sentenza: «conta soltanto vincere, non importa come», una lapide scolpita sulla tomba del fair-play.

Purtroppo non abbiamo finito con la faccia negativa. Alla notizia della sanzione europea, sei mesi di squalifica per le frasi razziste in campagna elettorale per la presidenza, Carlo Tavecchio ha tagliato corto, per lui la faccenda è chiusa e chissenefrega se l’immagine del Paese, sempre calcisticamente parlando, ne esce coperta di guano. Giusto così, e che protestino pure i soliti sporchi negri, lui rimane in carica, la vergogna questa sconosciuta.

Un’occhiata consolatoria ci offre l’altra faccia, quella che al mondo si può orgogliosamente mostrare. Grazie dunque a Damiano Tommasi. È stato un grande giocatore, anche in azzurro. È stato mostruosamente grande quando, dopo un gravissimo infortunio, ha giocato una stagione al minimo di stipendio sindacale, su sua richiesta. Rimane un grande quando si domanda perché l’Europa senta il dovere di intervenire nei confronti di certe offese alla civiltà, mentre l’Italia non fa una piega.

 

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