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ILMESSAGGERO.IT Calciopoli, il mistero del computer di Conte «Scomparsi tutti i file»

Antonio Conte
Antonio Conte

(C. Guasco) – Cosa c’era nel computer di Antonio Conte sequestrato dalla Procura di Cremona nell’inchiesta sul calcioscommesse? Forse elementi interessanti per le indagini nelle quali il commissario tecnico della Nazionale è indagato, o magari proprio nessun segreto. Questo però non lo si scoprirà mai: la copia forense del pc prelevato dall’abitazione dell’ex mister della Juventus è illeggibile. Quindi inutilizzabile per il pm Roberto Di Martino e il gip Guido Salvini, come è stato accertato nell’udienza di ieri nella quale sono stati depositati dai periti i risultati degli esami su telefoni, pc e tablet di calciatori, allenatori, manager e dei variegati personaggi che ruotano attorno al modo delle partite truccate.

MANCA IL PIN DI MAURI – Quattro esperti informatici hanno aperto 200 apparecchi elettronici in sede di incidente probatorio e i riscontri hanno superato le più ottimistiche aspettative della Procura: dagli accertamenti informatici sono spuntate partite combinate vecchie e inedite, addirittura dal 2007.

Un fiume di denaro che scorre indistintamente tra Serie A, B e calcio minore. Tra i computer c’era anche quello di Conte, coinvolto nell’inchiesta dal pentito Filippo Carobbio per la partita Novara-Siena finita in parità. Per gli investigatori il pc dell’ex allenatore del Siena poteva custodire elementi importanti, ma qualunque cosa contenesse rimarrà per sempre sepolto nei file: del computer sequestrato non c’è nulla di leggibile. «E’ un errore a monte, è stato copiato male. Non si capisce nemmeno il sistema operativo», spiega un avvocato. E poi c’è il caso di Stefano Mauri, capitano della Lazio: non ha fornito il pin del suo telefono e i periti non possono forzarlo, rischierebbero di cancellare i dati.

COMUNICAZIONI IN CODICE – La maggior parte dei dispositivi elettronici tuttavia ha fornito risultati che gli inquirenti definiscono «molto promettenti». L’analisi incrociata ha fatto emergere i nomi di 28 indagati corrispondenti ai parametri della ricerca. I tecnici hanno infatti inserito diverse parole chiave: i nominativi dei calciatori e di altri indagati, le società di calcio di serie A, Serie B, Lega Pro 1a e 2a divisione, i nominativi dei dirigenti. Hanno scavato nei file contenenti rubriche telefoniche, mailing list o gruppi di discussione, in quelli sui movimenti bancari e sui viaggi all’estero, nelle cartelle in cui compaiono i termini «over, vittoria, pareggi, Bolognesi e Zingari». Le parole cercate sono diciannove: «Assegni, Beppe, cambiale, Cervia, civ, garanzia, gol-gol, handicap, makelele, over, ovetto, pareggio, under, uovo grande, uovo piccolo». Un lavoro che ha stretto il cerchio attorno a 28 persone, le quali a loro volta nominano altri soggetti da sottoporre ora alle stesse verifiche incrociate. Alcuni però sono stati talmente prudenti da rendere incomprensibili le conversazioni. E il caso di Luca Burini, ex manager accusato di riciclaggio in concorso con Beppe Signori. «Parla al telefono in una lingua sconosciuta persino al traduttore di Google», dice un difensore. Talmente misteriosa da far sorgere il sospetto che i protagonisti del calcioscommesse usassero un linguaggio in codice.

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