Sofia ha quasi quattro anni e ha gli occhi da cerbiatto, vispi e allegri. E’ attraverso loro che riesce a comunicare, perché Sofia non parla più, e con la parola, ha perso l’uso delle mani: non può più cullare la sua bambola, pettinarle i capelli, spingerla nel passeggino. E’ una bambina curiosa del mondo, ma non può correre, né salire e scendere giù dalle scale.
Visto che Sofia non può giocare con la palla ma adora guardare il calcio in tv, mamma Benedetta le fa una sorpresa: dopo esami e visite mediche a non finire, ad agosto riesce a portarla a Trigoria, per incontrare di persona quei giocatori con la maglia giallorossa che anche da Dubai segue sempre sul piccolo schermo. Tutto questo accade davvero: quella bambina ‘dagli occhi belli’ fa interrompere gli allenamenti, i giocatori sono rapiti dalla sua allegria e quando Francesco Totti la prende fra le braccia, il primo cuore che conquista è il suo. La mamma racconta della sindrome e dei passi in avanti compiuti dalla ricerca; Sofia si fa coccolare e stringere forte dai giocatori. Insieme, sorridono e si fanno fotografare. La baby Rett torna a casa con una promessa: Totti, Pjanic e Florenzi, d’ora in poi, saranno i nuovi testimoni della causa di questa fanciulla coraggiosa.
Sofia, una baby Rett. Sofia è intelligente come lo si è alla sua età: sa distinguere una zebra da un cavallo, un cerchio da un quadrato, conosce tutti i colori e sa contare. Ma, soprattutto, Sofia è sempre in cerca di nuovi amici, perché nonostante la malattia invalidante che colpisce le baby Rett (così sono chiamate le bambine affette dalla sindrome), queste piccole fanciulle pensano, desiderano, vivono emozioni, hanno gusti, passioni e interessi come ogni essere umano. Sono ‘solo’ intrappolate in un corpo che non risponde più alle loro intenzioni, con tutta la vita davanti.
La sindrome di Rett è una malattia genetica rara, non ereditaria, che colpisce quasi esclusivamente le bambine: una ogni 10-12mila nuove nate ed è la prima causa di disabilità femminile. Come spiega Maurizio Giustetto, ricercatore di Anatomia umana del Dipartimento di Neuroscienze ‘Rita Levi Montalcini’ dell’università di Torino, “si tratta di una patologia neurologica dell’infanzia, con gravi effetti anche sul resto dell’organismo, causata nel 90% dei casi dalla mutazione di un singolo gene, MECP2, che si trova sul cromosoma X”.
Le bambine che ne sono colpite hanno una prima fase di sviluppo apparentemente normale di circa 6-18 mesi, alla quale segue una evidente regressione delle capacità acquisite fino a quel momento. Ed è a questo punto che i genitori delle baby Rett si accorgono che qualcosa non va nelle loro figlie. Oltre alle disabilità intellettive, la sindrome causa gravi difetti motori, come incapacità di muoversi autonomamente, attacchi epilettici, disfunzioni gastro-intestinali, insonnia, irregolarità del respiro e movimenti delle mani stereotipati, che ne impediscono un normale utilizzo.
Le vacanze a ‘casa’, tra visite mediche e Trigoria. La malattia di Sofia viene definita rara e la ricerca in campo genetico è molto costosa. “Forse, cercare la cura per le sole 300mila persone affette dalla sindrome non è così prioritario” – si chiede la madre di Sofia. Ma la storia di questa bambina non lascia indifferenti, specie se mamma Benedetta si mette in azione. I primi di agosto madre e figlia volano da Dubai, dove vivono, fino a ‘casa’, in Italia: obiettivo, capire se le ricerche del professor Angelo Vescovi, direttore scientifico della Casa sollievo della sofferenza di San Giovanni Rotondo, possano essere applicate anche alla Sindrome di Rett, sottoporre quest’idea al comitato scientifico dell’associazione italiana ‘ProRett’, mettere in contatto questo famoso professore con Joussef Hayek, uno dei maggiori specialisti che da molti anni segue le baby Rett.
Poi è la volta di Trigoria e dell’incontro con i giocatori della Roma, tra sorrisi e gesti affettuosi tutti per la piccola Sofia. Totti, Pjanic e Florenzi salutano la bambina promettendole che presto potrà vedere le foto con i suoi campioni, che hanno accettato di essere ‘davvero’ campioni del cuore.
Le prospettive. Se fino a ieri lo sforzo dei ricercatori era volto principalmente a cercare di migliorare le condizioni di vita delle bambine (è il caso dell’uso dell’ IGF-1/IGFBP-3, a proposito del quale Giorgio Pini, direttore del Centro di Riferimento Regionale per la Sindrome di Rett ¬ Ospedale ‘Versilia’ di Viareggio, parla di “risultati sulla sicurezza e sull’efficacia molto interessanti”), oggi si presume che la malattia sia potenzialmente totalmente reversibile: un anno fa, grazie alle scoperte di un consorzio di ricercatori scozzesi e statunitensi è ‘guarito’ il topo Rett. Un’altra notizia riguardo la sindrome arriva dal professor Angelo Vescovi, il quale fa sapere che sta “valutando di richiedere le necessarie autorizzazioni per estendere la sperimentazione delle cellule staminali anche ad altre patologie”.
Sofia ha bisogno di fondi per la ricerca genetica. Secondo Monica Coenraads, presidente del ‘Rett Syndrome Research Trust’, “con una somma pari a 100 milioni di dollari, la ricerca andrebbe avanti più velocemente e la cura potrebbe essere trovata”. E’ per questo che le bambine come Sofia hanno bisogno di amici testimoni, di fondi privati e risorse istituzionali, di attività di sensibilizzazione svolte da organizzazioni come ‘ProRett’ o il ‘Rett Syndrome Research Trust’. «Non voglio farmi false illusioni e so che la prudenza è un principio sacro nell’applicazione clinica – dice mamma Benedetta – ma spero di poter contare su chi vorrà sostenere la ricerca genetica, per continuare a cercare il modo di sconfiggere la sindrome di Rett, per Sofia, per le bambine e le ragazze che hanno diritto di vivere una vita normale».
Fonte: ilmessaggero.it