(M. Azzi) – Sulla partita della paura vigilerà una malinconica task force: oltre mille uomini tra steward, body-guard e forze dell’ordine, il cui compito dovrebbe essere facilitato dalle precauzioni della vigilia. Domani Napoli-Roma si giocherà alla luce del giorno (ore 15) e senza i tifosi della squadra ospite, ai quali è stata vietata la trasferta allo stadio San Paolo.
Eppure la tensione resta alta, alla vigilia dell’appuntamento più temuto dal nostro calcio, cerchiato in rosso fin dal momento in cui, a fine luglio, fu sorteggiato il calendario della serie A. Da circa un mese, il 25 giugno, si era spento dopo una straziante agonia al Policlinico Gemelli Ciro Esposito: il tifoso azzurro ferito a morte nel quartiere romano di Tor di Quinto, il 3 maggio, prima della finale di Coppa Italia (Napoli – Fiorentina). Del delitto è accusato Daniele De Santis, ultrà giallorosso. E tra le due tifoserie, già divise da una accesissima e incivile rivalità, il muro di odio e rancore s’è ingigantito a dismisura negli ultimi mesi.
Quello di domani è il primo incrocio ad alto rischio, anche se le restrizioni previste dal Viminale non consentiranno un contatto diretto: troppo complicato per il momento da gestire. Le ferite sono ancora aperte e il calcio non ha fatto niente per rimarginarle, nascondendo come al solito la testa nel suo mondo dorato e superficiale. I protagonisti minimizzano o fanno finta di nulla. Gli appelli alla non violenza, alla vigilia della sfida del San Paolo, sono giunti solo dall’esterno. Il prefetto Vincenzo Panico, che guida la task force nazionale per la sicurezza degli eventi sportivi, ha tirato per la giacchetta i protagonisti. «Sarebbe bello un abbraccio prima della partita tra Totti e Higuain: i calciatori simbolo delle due squadre». E al capitano della Roma si è rivolto ieri anche l’avvocato della famiglia Esposito. «Sarebbe un grande gesto se un campione come lui visitasse la tomba di Ciro». Ma non se ne farà nulla: gli eroi del pallone (quelli del Napoli sono in silenzio stampa) un po’ non possono e un po’ non vogliono, ingessati dalle consegne delle rispettive società e preoccupati a loro volta di non mettersi in cattiva luce con i propri sostenitori. Che alla pace, dando retta ai segnali che arrivano dai social network e soprattutto dagli stadi, non sembrano tenere più di tanto. Pure mercoledì notte, all’Olimpico, c’è stato un quarto d’ora di cori contro i napoletani, durante la partita con il Cesena. È il prologo della lugubre colonna sonora annunciata a Fuorigrotta, stavolta a cura dei tifosi azzurri. Saranno 90 minuti di veleni, sugli spalti. Improbabile che venga ascoltata la preghiera del cardinale Crescenzio Sepe. «Facciamo in modo da isolare e annullare ogni possibile forma di violenza, pur nel ricordo di una tragedia tanto grave, ignorando le eventuali provocazioni».
Cori, insulti e striscioni pieni di odio non mancheranno, però: il traguardo massimo al San Paolo è un sabato d’ordinaria tensione, senza scontri. Alla vigilia regna una quiete che fa ben sperare, di cui però alla Roma si fidano poco. La squadra, senza tifosi al seguito, teme di diventare infatti il solo obiettivo sensibile per la rabbia dei rivali. Per questa ragione il viaggio blindato dei giallorossi (in aereo o pullman) resterà top secret. Due gli alberghi prenotati, nel tentativo di depistare eventuali contestatori: la scelta cadrà su quello più vicino allo stadio, alla fine, per limitare gli spostamenti.
È la partita della paura, non una semplice gara di calcio. L’unica notizia in contro tendenza è la coraggiosa presenza allo stadio di 2.500 bambini: nel settore Family e in quello riservato dal Napoli alle scuole cittadine. Almeno loro si aspettano di partecipare a una festa dello sport.