(C. Zucchelli) «Chi non ha sogni ha finito di vivere». Probabilmente una delle poche cose buone fatte da Aurelio Andreazzoli sulla panchina della Roma risale alla notte in cui ha detto questa frase qui. Era il 3 marzo 2013, la sua squadra sognava ancora un posto in Europa e batté all’Olimpico il Genoa 31: a segno Totti (gol numero 225 in Serie A, raggiunto Nordhal), Romagnoli e Perrotta. Un attaccante, peraltro il più grande della squadra, un difensore, il più giovane, e un centrocampista, segno che tutti i reparti, quella sera, funzionarono bene. Garcia, che da quando ha messo piede a Trigoria ha stracciato record su record, non si era mai tolto questa soddisfazione: c’era riuscito persino Luis Enrique (RomaCesena 51, doppietta di Totti, poi Borini, Juan e Pjanic), non lui, che pure del gioco di squadra e della compattezza tra i reparti ha fatto il suo mantra.
Indimenticabile Se è vero che le prime volte non si dimenticano mai, il tecnico francese avrà un motivo in più per ricordare il 30 al Torino firmato, appunto, dal difensore Torosidis, dal centrocampista Keita e dall’attaccante Ljajic. Tre reti diverse, frutto di azioni manovrate ma anche di geniali intuizioni, che hanno dato ragione a Garcia quando chiede, anzi pretende, che la sua squadra tiri di più in porta e finalizzi maggiormente l’enorme mole di lavoro che produce. Mandare a segno un calciatore per reparto è il modo giusto per farlo, ma anche tentare di più la via del tiro da fuori, considerando che la Roma ha molti calciatori in grado di provarci, può essere la giusta soluzione.
Finalizzazioni Proprio per questo, quando c’è tempo per allenarsi durante le soste o quando non ci sono impegni infrasettimanali, Garcia fa allenare la squadra sulle conclusioni, i tiri in porta e gli schemi offensivi. Perché la Roma è la squadra che in campionato tiene di più il pallone (32’59” di media, seconda la Juve staccata di un paio di minuti) e gioca più palle (746,5, i bianconeri sono fermi a 704,1) ma è indietro nella classifica dei tiri dentro lo specchio: primo è il Napoli (7,9 di media), poi Juve, Lazio, il Cagliari di Zeman, la Fiorentina e la Roma (5,2).
Pochi bomber Questa poca incisività sottoporta — più dei giallorossi, 19 reti, hanno segnato Juventus, Napoli, Lazio, Milan — si rivela anche nella classifica dei marcatori, dove ci sono in testa Callejon e Tevez, 8 reti, e per trovare un romanista bisogna scendere a quota 4, cioè la metà, per trovare Mattia Destro, il bomber che spesso e volentieri ha il muso lungo. Il rovescio della medaglia, però, dice che la Roma ha mandato in gol una squadra intera, cioè 11 calciatori, e che nessuno in Serie A ha fatto meglio. A questo punto solo il campionato potrà dare una risposta a uno dei grandi dubbi del calcio: lo scudetto si vince con un bomber da 25 gol a stagione o con una rosa capace di mandare a segno chiunque? Visto come stanno andando le cose, Garcia spera che la risposta giusta sia la seconda.