(M. Cecchini) – L’Impero colpisce ancora. Archiviata la crisetta autunnale dei 4 k.o. in un mese e in attesa di scoprire se la Serie A sarà un braccio di ferro in stile Guerre Stellari oppure se la terza forza napoletana cambierà gli equilibri, la Roma tiene fede al dogma di Olimpico cassaforte casalinga in campionato (per di più senza reti subite), battendo il Torino per 3-0 grazie alle reti di Torosidis, Keita e Ljajic e soprattutto stoppando le velleità di fuga della Juve, che resta a portata di match (3 punti). Intendiamoci, contro i granata già visti in grave imbarazzo giovedì in Europa League, non sono occorse astronavi di nuova generazione per avere la meglio, tant’è che il clima di festa davanti al presidente Pallotta è santificato dal ritorno di Strootman dopo 8 mesi e dagli applausi ai vecchi eroi della Coppa Italia del 1964. L’unica nota stonata, al solito, i cori “O Vesuvio lavali col fuoco”, ma lo scriviamo ormai con la rassegnazione degli sconfitti.
Solito gol sprint Per vincere invece la prima partita novembrina della propria avventura giallorossa Garcia sceglie un centrocampo di palleggiatori, lasciando a riposo all’inizio Nainggolan. Risultato? La temibile melassa che si profila in mediana – dove il Toro alza e abbassa ordinatamente gli esterni ai lati della difesa a tre e fa scalare a turno a centrocampo uno tra Farnerud e El Kaddouri – si liquefa in fretta, visto che Torosidis sblocca la pratica già all’8′. L’idea tattica giallorossa infatti è chiara: proprio per non creare imbuti in avanti, Totti si defila spesso sulla destra e da lì serve ottime palle: quella giusta arriva quasi subito al difensore greco, che mette il match in discesa. Da notare che è la quinta volta che i giallorossi segnano nei primi 15 minuti: un viatico niente male. Con la squadra di Ventura orfana di Bovo, Barreto e Benassi, se il match non viene archiviato subito, gran parte del merito va dato a Peres e Quagliarella. I due granata infatti a loro modo tentano di tenere la squadra in partita: l’esterno spinge e prova a mettere al centro palle non banali, mentre l’attaccante per due volte impegna il rientrante De Sanctis (al 12 e al 18’), cosa che farà anche nel finale di partita. La fiammata d’orgoglio però si spegne in fretta, perché la goffa difesa imperniata su Maksimovic, Glik e Moretti non ha i tempi per le chiusure e così, dopo la punizione di Pjanic che si schianta sulla traversa, il raddoppio da fuori area di Keita chiude virtualmente una partita a cui il portiere Gillet evita proporzioni più evidenti.
Musi lunghi Un segnale di esistenza in vita il Toro lo lancia a inizio ripresa, quando una cavalcata di Darmian viene sciupata da Sanchez Miño, ma appena i granata allungano un po’ la squadra per cercare profondità i giallorossi vanno a nozze con le ripartenze. Buon per Ventura che Gervinho fosse in versione light, così ci pensa Ljajic (8′) a segnare il tris con un gran destro, portando subito il dito al naso per invitare i suoi critici a stare zitti. Muso lungo anche quello di capitan Totti, che corre subito nello spogliatoio senza passare dalla panchina e aria ingrugnata anche di Destro, che entra come rincalzo avendo per giunta perduto anche la Nazionale. Insomma, l’inaspettato messaggio finale è chiaro: per tenere a bada la Juve (sopra) e il Napoli (sotto) Garcia dovrà curare bene anche il fronte interno. Auguri.