(P. F. Archetti) Tornare a superare la frontiera di un successo in trasferta, come non capitava alla Roma dal 24 settembre, può aiutare a far coincidere obbiettivi e ambizioni, per dirla alla Garcia: dove i primi sono la promozione in Champions e il resto le carezze allo scudetto. Ma Bergamo non è un’accogliente stazione intermedia sulla via di Mosca, bensì una salita mal calcolata. Ripetendo anche contro il Cska alcuni errori visti ieri, il danno potrebbe risultare maggiore: non sempre si trova l’eleganza di Ljajic (un gol e un assist) o l’essenzialità di Nainggolan a ricoprire di velluto la serata, mentre con più frequenza si possono rivedere alcuni sgorbi difensivi. Per essere chiari: l’Atalanta con il peggior attacco del campionato ha più occasioni/regali dei rivali, bravi però a trovare la prima rimonta vincente del torneo. Certo è che se ogni partita è una battaglia con il destino, la Roma ne esce meglio anche perché aiutata da alcuni nerazzurri (Moralez, Stendardo) capaci di far sparire ogni trappola del fato.
I MOTIVI Ci sono esercitazioni in allenamento con un uomo in meno, per abituarsi all’inferiorità; ma forse nel catalogo di Rudi Garcia c’è pure la partenza in svantaggio: tempra il carattere, unisce il gruppo e tante altre ovvietà che dicono gli uomini di calcio. La Roma dimostra di saper assorbire queste penalità, costruisce il sorpasso con un paradosso: segna con delle simil ripartenze, non veri e propri contropiede, però trovando l’avversario non legato, quasi spezzato anziché restare chiuso e compatto. Perché sono le conclusioni di Ljajic e Nainggolan a determinare il 2-1, ma è un gesto simile a procurarlo: la sponda di Destro a centrocampo, con la difesa che gli si appiccica dietro, i mediani che non riescono a intercettare i romanisti (prima Pjanic, poi l’autore del raddoppio) e la circolazione che va fatalmente a sinistra, sul fianco che l’Atalanta non riesce a coprire perché ha dovuto mettere un debuttante stagionale come Bellini, il più anziano dei suoi e anche il più malmesso fisicamente. Sono quindici le reti segnate dai romanisti nei primi tempi, un primato per questo torneo. Ma la seconda parte non è seguita da altre chance (record negativo di tiri tentati, sei), mentre i nerazzurri almeno in due scene fanno rabbrividire De Sanctis, piuttosto congelato nelle uscite.
IL SISTEMA COLE Se serviva un clima da accerchiamento moscovita, per far abituare i giallorossi al prossimo impegno, l’Atalanta ci sta, segnando al secondo numero 59 con Moralez. Può darsi che gli urlatori sistemati dietro all’allenatore francese gli siano sembrati russi, dalla parlata strana, ma era soltanto dialetto bergamasco e il tecnico non reagisce molto agli sgorbi difensivi. Gli manca Totti, Gervinho e Keita fanno panchina, ma è la sistemazione sulle fasce in protezione che non va. Cole è sempre assopito, Torosidis ci prova ma non prevale. Per sua fortuna Manolas è molto concreto, Astori sale nella ripresa e quando sbaglia De Rossi, Moralez cicca clamorosamente il 2-2. Ma l’impianto va rivisto. L’attacco di ragazzi dovrebbe essere una delle attrazioni del pomeriggio, con i 67 anni messi insieme da Iturbe, Destro e Ljajic. Il trio inedito costato 55 milioni e andato a segno prima nove volte non si cerca troppo; anarchico Destro, preoccupato di rinculare Iturbe che nelle poche volte che arriva sul fondo deve girarsi perché non crossa di destro. E gli avversari lo capiscono. Ljajic così risolve da solo, aiutato da Pjanic e Nainggolan, loro sì ben disposti. Quando entrano Florenzi e Keita la Roma riesce a proteggersi, mentre il debutto di Somma (per Torosidis, infortunato) è una via di mezzo tra una bella notizia — il diciannovenne non si perde — e una brutta, l’ennesimo stop di un difensore dopo quelli di Maicon, Yanga-Mbiwa, Castan e Balzaretti.
ATALANTA INFURIATA Colantuono esce furibondo per l’espulsione di Boakye e alcune decisioni nel finale dell’arbitro Massa: niente di scandaloso ma a suo avviso falli girati e cartellini regalati. Fra tutti gli manca forse di più Cigarini, che avrebbe idee migliori di Baselli e Carmona. Ma pure dietro l’Atalanta è messa male, con lo stop di Benalouane che costringe il tecnico a rilanciare Bellini. Raimondi brilla, ma davanti i problemi sono noti, soltanto quattro reti festeggiate prima di ieri e in sole tre partite; significa otto a secco, significa che il capocannoniere parte in panchina (Boakye) e quello designato (Denis) non è ancora entrato in stagione, ma siamo quasi a dicembre. Il ritorno al 4-4-1-1, che nel finale con Bianchi e Boakye diventa 4-2-3-1, sorprende la Roma solo in avvio, poi viene domato. Più che arrabbiarsi con l’arbitro, però, l’allenatore dovrebbe arrabbiarsi con i suoi, perché di fronte a certe concessioni non si può perdonare. L’Atalanta resta sul fondo, la Roma non deve ringraziare la Lazio: tutto come prima, nonostante tanti sbagli e alcuni giusti rimedi.