(A. Pugliese) – Stavolta il bello del calcio è fuori. Lontano dai riflettori di uno stadio, dai brividi di un colpo di tacco o di un cucchiaio, dalla gioia di un gol, di un assist o un trofeo. No, stavolta la sua bellezza il nostro calcio la scopre fuori dal suo habitat naturale, quando una vittoria o una sconfitta perde di valore di fronte ad un aiuto o un sorriso. Quelli cheFrancesco Totti regala da circa venti anni: più o meno lo stesso arco di tempo delle sue delizie agli amanti del football. E mentre Garcia si affiderà ancora a lui il 25 a Mosca per l’operazione Champions, oggi a Totti sarà consegnato il premio Giacinto Facchetti nella sede della Gazzetta, a Milano. Sì, quest’anno il bello del calcio è proprio lui. Per i suoi 38 anni e per tutto il resto.
GALLERIA D’AUTORE Già, perché quando si pensa a Totti il pensiero vola subito ai suoi 237 gol in Serie A, alle 569 gare nella massima serie, al titolo mondiale del 2006 in Germania o allo scudetto con la Roma del 2001. E poi anche a tante altre cose, quelle tipiche dell’ultima bandiera del calcio italiano. Difficile, invece, che il pensiero voli via verso l’altro Totti, quello un po’ più privato, che gioca una partita speciale fuori dal campo, fatta soprattutto di beneficenza, aiuti, sorrisi. A cominciare da quel novembre del 1994 quando era alla Cecchignola per svolgere il servizio militare e dopo aver sentito via etere un appello lanciato in una radio romana per la piccola Roberta (4 anni e un cuore malato da curare negli Usa) chiamò privatamente per sapere il conto corrente e versare subito 5 milioni di lire.
CAMPIONE OLTRE Oggi le lire non ci sono più, le ha mandate in soffitta l’euro più di 12 anni fa, e Francesco Totti è un uomo diverso da quel 1994. Ma non si è mai dimenticato di chi nella vita è stato meno fortunato di lui. A cominciare dai bambini, per cui ha da sempre un occhio di riguardo. Con l’Unicef (di cui è ambasciatore dal 2003, testimonial di alcune campagne mondiali tra cui«Vogliamo Zero», contro la mortalità infantile), ma anche per conto suo. «Quando c’è un bambino che soffre, bisogna sempre cercare di regalargli un sorriso», è la sua filosofia. Come la scorsa stagione a Parma, quando l’altoparlante del Tardini lanciò un appello per la piccola Chanel (omonima di sua figlia), vittima di un brutto male da curare a Boston. Francesco finì il riscaldamento, si precipitò negli spogliatoi per conoscerla e si offrì di dare una mano alla famiglia. Senza enfasi e pubblicità, perché Totti in questo non ama apparire. E chissà quante altre cose non sappiamo del suo privato, delle sue donazioni. Di certo ci sono i proventi dei sei libri scritti fin qui (tutti donati all’Unicef), quelli del personaggio di PaperTotti (uscito su Topolino) e delle riprese video del suo matrimonio con Ilary del 2005: circa 240mila euro interamente devoluti al canile romano di Porta Portese per l’acquisto di alcune autoambulanze per il soccorso dei cani. Francesco è anche e soprattutto questo, non solo gol, assist e magie. Anzi, il vero talento forse è fuori dal campo. Proprio come il bello del calcio.