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IL MESSAGGERO Roma a passo di carica

Garcia in conferenza stampa
Garcia in conferenza stampa

(M. Ferretti) Colpita al mento da un pugno in stile Tyson, l’altra sera nel gelo di Mosca, la Roma forse ancora barcolla ma non molla. E Rudi Garcia, nelle vesti di Grande Motivatore, detta la linea, manovrando a suo piacere la realtà. «Non c’è nulla da cui difendersi: i fatti dimostrano che la Roma è in grande salute», sigilla il francese.Inter avvisata, Roberto Mancini avvisato. «La Juve ha tre punti più di noi, ma sappiamo tutti come li ha ottenuti…», la sua puncicata. Pensare positivo: ecco il ritornello intonato da monsieur Rudi. «Dopo dodici partite, siamo non solo a quattro punti dallo scorso anno, che è stata una cosa eccezionale, ma ricordo che in Europa hanno fatto meglio di noi soltanto il Real, il Chelsea e il Bayern». Oltre alla Juve Rocchi & Roll, evidentemente, che comanda la fila italiana. Carico a pallettoni, Garcia. E non solo lui. «Ho trenta ragazzi che non vedono l’ora di giocare davanti ai propri tifosi. Faremo di tutto per giocare bene e vincere. Il campionato non dipende da questa partita anche se questa sarà la partita più importante dell’anno, ma solo perché è la prossima». E ancora. «Anche se a Mosca avessimo vinto, non sarebbe cambiato niente (o quasi…, ndr). Martedì sera erano tutti arrabbiati e, da quando siamo tornati, lo si vede anche in campo. I giocatori li devo frenare in allenamento e mi piace così: vuol dire che sono tutti carichi».

«BASTA STUPIDAGGINI»  Tutto a posto, insomma. E le luci rosse di Mosca? Spente, ormai. «Basta con queste stupidaggini: sono qui per parlare di calcio e di cose importanti. Mezza squadra in tuta non ha nulla da nascondere», urla Rudi. Che non fa sconti neppure al ds Sabatini («Crollo psicologico dopo il Bayern»), che – in realtà – era stato abilissimo a deviare il problema. «La partita subito dopo il Bayern abbiamo dimostrato di non risentirne. Contro la Sampdoria, del resto, abbiamo dimostrato di essere pronti con la testa e siamo anche andati vicini alla vittoria. Lo ripeto per l’ennesima volta: tranne che per il primo tempo di Napoli, non ho alcun rimpianto, nemmeno un 1%, pure in Champions». Stasera l’Inter, poi il Sassuolo: due gare di fila all’Olimpico Stadium, autentica arma in più dei giallorossi. «Io firmerei con due mani per vivere un momento così: vincere 3-0 contro il Torino, poi a Bergamo e pareggiare col Cska avendo la vittoria, almeno per 45′ in tasca. Se giochiamo bene abbiamo più chance di vincere: seguo questa strada perché mi sembra che porti risultati. Se, invece, giochiamo male e vinciamo sarò lo stesso contento, ma farlo per un lungo periodo non mi starebbe bene perché io sono qui non solo per battere l’Inter ma per vincere anche la prossima gara e tutte le altre della stagione». Già, l’Inter. «Non mi piace quando un allenatore viene cacciato a metà stagione, ma Mancini ha vinto tanto. E sempre quando c’è un nuovo allenatore, i giocatori sono più concentrati e ascoltano di più l’allenatore. Del resto, se prima hanno scaricato tutta la responsabilità sull’allenatore, poi non può essere l’allenatore eventualmente a pagare ancora, e i giocatori hanno tutto l’interesse a essere più concentrati. Mancini ha cambiato, è passato alla difesa a quattro ma noi dovremo prima fare la Roma e dopo vietare all’Inter di sfruttare le proprie forze».

DUBBI, ELOGI E RITORNI –  Riecco Maicon («Ma non so se partirà dall’inizio»), Gervinho («Da lui, come da tutti, mi aspetto di più») è insidiato da Ljajic e Strootman freme («Quando uno sta fuori otto mesi è normale che abbia bisogno non solo di allenamenti ma anche di partite. Sappiamo tutti che è un grande giocatore e che tutta l’Europa del calcio lo vuole»). Yanga Mbiwa tra i convocati, Castan si opererà mercoledì. Tra i pali spazio al “ribelle” De Sanctis. «Morgan ha fatto qualcosa di fantastico perché nel post partita di Mosca si era dimenticato di dire che anche lui sul gol era colpevole, ma non più degli altri. Morgan ha fatto una cosa fantastica tornando il giorno dopo sull’argomento e dicendo che anche lui era responsabile. Questo vuol dire che lo spogliatoio è unito, che si vive a meraviglia insieme e che io allenatore mi posso appoggiare su questa unità di gruppo per chiedere cose importanti».

 

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