(A. Austini) Mi raccontano che un tempo a Napoli i romanisti ci arrivavano col sorriso. Mi raccontano di un gemellaggio che adesso viene vissuto come una vergogna dalle opposte fazioni. Sì fazioni, perché Napoli-Roma non è più una partita di calcio. È una guerra. Ne ho seguite diverse, stando sempre attento a celare il mio accento e a tenermi dentro le emozioni. E lo stesso devono fare i napoletani che una volta seguivano la partita in Curva Sud e ora all’Olimpico devono guardarsi le spalle. Stavolta è ancora peggio. La Napoli in cui sono arrivato ieri vive una strana attesa, silenziosa e nervosa, di una gara ancor più carica di significati che col pallone non ci azzeccano nulla. La Roma ha trovato camionette della polizia ad attenderla e persino un elicottero della polizia a sorvegliare il tragitto del pullman. «Sembra di essere a Baghdad» commentavano ieri nell’albergo della Roma a Fuorigrotta. Meno male che oggi si gioca. E da domani tutti torneranno a far finta di niente. Speriamo.