(A. Austini) – A Trigoria poche volte l’hanno visto così. Teso, arrabbiato, consapevole di vivere il momento più delicato da quando allena la Roma. Il giorno dopo la sconfitta di Napoli, Rudi Garcia, come sua abitudine, si è presentato presto sul posto di lavoro. L’allenamento era già fissato al mattino e mezzora prima di scendere in campo ha radunato la squadra per il consueto discorso post-partita. Solo che stavolta i toni erano decisamente diversi. Al francese non è piaciuto l’approccio mentale alla gara, come se i suoi non avessero ben compreso la forza dell’avversario e l’importanza dell’appuntamento. Un big-match da primi in classifica non si inizia così, senza decisione nei contrasti, senza fame, senza ritmo una volta riconquistato il pallone.
Garcia, in sostanza, ha ripetuto al gruppo il discorso fatto davanti alle telecamere, chiedendo una prova d’orgoglio mercoledì a Monaco. Al di là del risultato. Ma c’è dell’altro. Per la prima volta l’allenatore si sente criticato all’interno del suo villaggio. Lui che ha rimesso la chiesa al centro si chiede se tutti l’abbiano improvvisamente dimenticato. Ed è pronto a ribattere punto su punto, da buon francese orgoglioso.
I dirigenti sono con Rudi. Anzi, rivedendo la partita di Napoli, Baldissoni e Sabatini ne hanno tratto un’impressione meno sconfortante rispetto a quella avuta al San Paolo. La Roma ha fallito completamente i primi minuti ma poi ha almeno provato a fare la sua partita. La differenza – è la conclusione tratta a Trigoria – l’ha fatta l’efficacia dei rispettivi attacchi. E nonostante potesse finire «tanto a poco», non è stata una replica della notte da incubo vissuta con il Bayern.
Fatto sta che quell’umiliazione, come conferma Sabatini, pesa ancora nella testa dei giocatori. C’è stata una Roma fino al 7-1, praticamente perfetta compresa la partita in casa della Juve segnata da errori arbitrali, e un’altra meno convinta di se stessa che ha accumulato tre ko e due pareggi nelle ultime sei gare. Il problema non è fisico, tantomeno è stata sbagliata la preparazione atletica: di questo ne sono convinti sia Garcia sia i dirigenti. Il preparatore Rongoni è un uomo di fiducia del mister, con cui condivide la programmazione degli allenamenti. Detto che la tournée negli States non è il modo ideale per iniziare una stagione ma il calcio «moderno» la impone, nella lunga serie di infortuni c’è molta casualità.
Qualche esempio? Iturbe si è fatto male esultando in modo sfrenato dopo il gol segnato al Cska, Castan ha scoperto in ritardo un problema alla testa che gli ha causato anche i problemi muscolari di inizio stagione, Astori, che ha fatto la preparazione con Zeman, ha avuto un incidente di natura traumatico al ginocchio e, una volta rientrato, ha avuto il classico incidente muscolare di chi ancora deve riaggiustare la postura. Maicon e De Rossi si portano dietro vecchi acciacchi, Keita e De Sanctis pagano l’usura. Insomma allenarsi bene è un obbligo, ma non basta per evitare gli infortuni.