(L. Valdiserri) Se non sei più forte devi sperare, almeno, di essere più fortunato. La Roma, che non è riuscita a essere né l’uno né l’altro, esce dalla Champions League pagando il gruppo della morte, alcuni limiti strutturali e un tributo alla malasorte: il tiro di Nasri bacia il palo e finisce in rete; il colpo di testa di Manolas batte sul montante ed esce. Bisogna dire, però, che il Manchester City, al primo successo in Italia, si è meritato la qualificazione perché non è facile vincere in trasferta quando ti mancano Yaya Touré, Aguero e Kompany.
Nelle ultime due gare i Citizens hanno ottenuto sei punti contro il Bayern Monaco e contro la Roma all’Olimpico. Aver costruito una corazzata, con i petrodollari di Mansour, è servito proprio nell’emergenza. La Roma era entrata in quarta fascia ed è arrivata terza, qualificandosi così per l’Europa League. È un fallimento? È una delusione? È il normale corso delle cose? A ognuno la risposta preferita, visto che c’è chi critica Garcia per le scelte tra Sassuolo e City. I risultati dicono questo, ma fino al 60’ la Roma era qualificata. Ad agosto non era preventivabile. Poi, naturalmente, i premi di consolazione non bastano.
La serata è fredda e Rudi Garcia sceglie i più in forma (Ljajic, Nainggolan, Cholevas), i più freschi perché non hanno giocato contro il Sassuolo (Totti, Maicon, Gervinho), quelli in cui ha creduto da subito (Pjanic). È una squadra a trazione anteriore. Purtroppo non tutti riusciranno a dare quello che si aspettava. Maicon in esperienza (è lui a perdere Nasri sul gol) e Pjanic in continuità di gioco, invischiato in una manovra in cui spesso non è riuscito a tenere le giuste distanze da Francesco Totti. Pellegrini deve far fronte ad assenze molto pesanti e a giocatori che non sono al top (David Silva e Jovetic sono in panchina). Recupera Dzeko e lo mette in cima al 4-2-3-1. L’idea non è pressare altissima la difesa romanista — e perciò anche De Sanctis, come fanno spesso le avversarie italiane —, ma attendere il primo passaggio e poi pressare il centrocampista che dovrebbe sviluppare l’azione.
L’inizio è tutto della Roma, che crea un paio di occasioni nei primi 10’. La migliore è per Cholevas, imbeccato da Totti, peccato che debba tirare di destro, il piede che usa solo per camminare. Gervinho fa la prima punta molto più di Totti; Ljajic si spolmona anche in fase di copertura. Il resto del primo tempo, ai punti, sarebbe in leggero favore degli inglesi, ma questo è calcio e non pugilato. Non ci sono occasioni clamorose, anche se la tensione è alta, soprattutto dopo la notizia del vantaggio del Bayern sul Cska che cancella il vantaggio della Roma di poter passare il turno con qualsiasi pareggio. È l’attesa che crea la paura.
Nella ripresa il City, che non può pareggiare 0-0, alza l’intensità. Non crea grandi occasioni, ma passa al quarto d’ora. Maicon prima segue e poi «molla» Nasri, mentre Keita è risucchiato dal movimento di Milner e cerca di chiudere il possibile passaggio in profondità. Il francese prende la mira e calcia quasi sotto l’incrocio. La Roma reagisce: crea un’occasione con Ljajic, colpisce un palo con Manolas, si vede respingere da Demichelis quasi sulla riga un tiro di Destro. L’ingresso di Iturbe peggiora le cose anziché migliorarle. Il 2-0 arriva alla fine, crudele ma non inatteso. Nelle ultime tre gare in casa la Roma ha subito due gol da Inter, Sassuolo e City. Non può essere un caso.