(M. Cecchini) – Il ginocchio destro con infiammazione cronica? Le ruggini con lo staff tecnico per i sistemi di allenamento? La voglia di rivincita verso chi lo considerava finito? Il desiderio di meritarsi la fiducia della Roma che gli ha rinnovato il con tratto fino al 2016? Tutto vero, ma tutto troppo piccolo, troppo «calcistico» per esaurire una storia come quella di Sisenando Dougals Maicon. Confessiamo la nostra inadeguatezza. Per raccontarla degnamente occor rerebbe la penna di un Gabriel Garcia Marquez in libera uscita dalla passione per il baseball. E se non ci credete, leggete come cominciò la Grande Corsa.
CORDONI & DOLORI – Papà Manoel era un difensore del Novo Hamburgo quando, poco prima del parto, ricevette una richiesta da sua moglie Anisia: «Sai che avremo due gemelli e allora, quando nasceranno, seppellisci i due cordoni ombelicali al centro del campo, così almeno uno dei due diventerà un grande calciatore». Era il luglio del 1981: Maicon e Marlon cominciavano la loro rincorsa alla gloria che avrebbe visto arrivare soltanto uno. Ma il destino non sarebbe stato munifico senza chiedere nulla in cambio. Qualche anno dopo, infatti, un grande lutto colpì la famiglia: il fratellino Elton Luis morì investito da un camion ad appena 8 anni. Una disattenzione? Una disgrazia? Non è dato saperlo. Di certo, l’agguato della sorte si ripeté. «Avevo dieci anni – ha raccontato Maicon tempo fa a Rete Globo – quando vidi papà in strada, andai di corsa a prendere le chiavi di casa e poi quando corsi verso di lui scivolai, finendo sotto una macchina. In quel momento non mi resi conto di ciò che era successo. Rimasi lì sdraiato, mio padre mi prese in braccio e cominciò a piangere: in quel momento pensava di aver perso un altro figlio». Maicon rimase un mese senza camminare, «con papà che mi portava in giro in braccio per tutta la casa». Ma il futuro campione di quasi tutto, a livello di club, guarì e diventò il calciatore. Non prima, però, di essere scartato presto dal Gremio «perché non avevo il fisico da calciatore». A lanciarlo davvero, quindi, è toccato al Cruzeiro, trampolino per sbarcare in Europa al Monaco. Il resto è storia più nota, e a volte ricca d’imprevisti di segno opposto. Due per tutti: a settembre la cacciata dalla Selecao di Dunga dopo una notte brava a tinte (pare) boccaccesche e, circa un mese dopo, il rinnovo di con tratto con la Roma, nonostante l’infiammazione al ginocchio, che costringe il brasiliano a gestirsi. Non è un caso, perciò, che Maicon sia tornato in scena avendo nel mirino l’Inter e il City. Come dire, un futuro immediato che aveva la faccia di un passato ancora da metabolizzare del tutto.
RETROSCENA DODO – Proustianamente parlando, la prima «ricerca del tempo perduto» è andata benissimo, visto che Roberto Mancini ha rivisto bagliori di quello che è stato l’esterno destro più forte del mondo. Non è un caso, in fondo che Rudi Garcia – come raccontano a Trigoria – conoscendo pregi e difetti del suo gruppo (presente e passato), abbia chiesto ai giallorossi di attaccare sempre sul lato di Dodò, sapendo come la fase difensiva non sia mai stato il punto di forza del talentuoso esterno emigrato a Milano.
SOTTO COL CITY – Ma se i colori nerazzurri (pur amati) domenica sono stati così maltratti, viene da chiedersi cosa stia preparando Maicon per la sfida col Manchester City, con cui il rapporto è stato senz’altro assai meno affettuoso. Se nel pallone valesse la proprietà transitiva, quindi, ci sarebbero ottime notizie in arrivo per la Roma in Champions, perché la carica che ha il brasiliano, adesso, è di quelle che fanno pensare come il calcio, a volte, sia il migliore dei mondi possibili. Basta sapersi illudere con classe. P.S. Il nome Maicon gli viene dal fatto che i genitori avrebbero voluto chiamarlo Michael, in onore all’attore Michael Douglas. L’anagrafe brasiliana però, come spesso succe deva, ha storpiato un po’ gli estremi del desiderio. Ma con una premessa del genere, come sorprendersi se quella di Maicon sia una vita da film?