(A. Frosio) Quando finisce 0-0 a volte si parla di partita tatticamente perfetta. In questo caso, il discorso è valido soprattutto, se non solamente, per il Milan, che ha fatto la partita che voleva – di contenimento ed eventualmente di ripartenza – sfruttando anche le mancanze qualitative della Roma. Inzaghi parte rimodellando l’atteso albero di Natale (più 4-3-3 che 4-3-2-1) soprattutto in chiave difensiva. Dopo una partenza propositiva, il Milan deve lasciare l’iniziativa alla Roma, e sarà così per tutta la partita (il possesso palla alla fine è nettamente giallorosso: 61,6% contro il 38,4 rossonero). Quando deve difendere, dunque, i due trequartisti Honda e Bonaventura si sacrificano in copertura allargandosi sulle bande. Da lì, di solito, la Roma fa male perché sfrutta le sovrapposizioni dei terzini. Maicon è lo specialista, ma un po’ perché non a postissimo fisicamente e un po’ per il muro che si è trovato davanti, non ha mai sfondato.
SACRIFICIO Il brasiliano è stato il giallorosso con più tocchi (72, come Keita, ma giocando un quarto d’ora in meno, considerato il recupero) però ha creato una sola occasione. Da quella parte, oltre ad Armero che rosso a parte ha sofferto poco in fase difensiva, c’era Bonaventura, autore di una partita di elevatissimo spessore tattico. Lui, «10» di natura, ha imparato il contenimento negli anni al servizio di Colantuono e dell’Atalanta (proprio in quella posizione da esterno sinistro alto) e ha chiuso la sua partita con numeri eccellenti in fase di copertura: 11 palloni recuperati e 6 palloni intercettati, i numeri migliori tra tutti quelli in campo.
UNO CONTRO UNO Il dato sui palloni intercettati è significativo, perché il Milan ha giocato molto sulle traiettorie di passaggio. Con Montolivo e Poli in pressione su Nainggolan e Keita, e Totti controllato da De Jong (20 i palloni persi dal capitano giallorosso), le opzioni per De Rossi in fase di costruzione sono state fortemente limitate. Anche perché nella Roma si è visto pochissimo movimento senza palla, indispensabile per scardinare un meccanismo difensivo così blindato come quello di ieri sera. Il (lento) possesso palla giallorosso ha trovato così l’unico sfogo quando arrivava tra i piedi di Gervinho, l’unico – nella formazione di ieri – a non temere, e anzi a privilegiare, l’uno contro uno. L’attaccante ivoriano ha cercato per sei volte il dribbling ricavandone tre positivi. E di conseguenza anche due grosse occasioni, le uniche della Roma, nel primo tempo quando ha puntato e saltato Mexes e nel finale quando ha chiesto e ottenuto l’uno-due da Yanga Mbiwa. In generale, alla Roma è mancata un po’ di qualità: facile pensare a Pjanic, e non solo per il prodigioso slalom con gol della stagione scorsa contro i rossoneri. Keita ha provato a fare il mediano incursore (come peraltro Poli dall’altra parte, ma partendo da più lontano…) ma ha finito per sbattere contro la difesa milanista, perché mai la Roma è riuscita a servire i suoi attaccanti nello spazio ma sempre con la palla sui piedi. E così difendere diventa più semplice .