(S. Cieri) – I gol e i guai giudiziari. La seconda giovinezza e i ricordi di una carriera lunga quasi venti anni. La voglia di Champions e il rimpianto Nazionale. Alla vigilia della sfida con l’Inter a San Siro («lo stadio in cui da bambino sognavo di giocare») Stefano Mauri si confessa. Su tutto. Nessun argomento escluso. Compreso quello più delicato. «Questa vicenda (l’inchiesta sulle scommesse che lo vede indagato da tre anni dalla Procura di Cremona, ndr) mi ha cambiato. La squalifica sportiva e soprattutto il carcere sono cose che mi hanno segnato profondamente e mi resteranno dentro».
Soprattutto quella del carcere deve essere stata un’esperienza durissima.
«Sì, decisamente sì. Entri in contatto con un mondo che, finché non lo vivi, non puoi neppure immaginare. È qualcosa che però ti fortifica anche. Perché poi dopo non ti fa paura più nulla ».
Lei si è sempre proclamato innocente.
«E continuo a farlo, fiducioso che la verità venga a galla. L’inchiesta di Cremona credo sia alle battute finali. Spero nel proscioglimento, ma temo che avrò il rinvio a giudizio. Se così sarà affronterò il processo serenamente, convinto di poter dimostrare la mia estraneità».
Ma non si rimprovera proprio niente?
«No, perché penso di non aver fatto nulla di male. Poi è chiaro che, col senno di poi, qualcosa la eviterei di fare».
L’esperienza in carcere, in cui è rimasto per una settimana, a maggio del 2012, l’ha resa più forte. E’ questa la genesi della sua seconda giovinezza in campo?
«Non lo so. Molti mi fanno notare che il mio rendimento è migliorato dopo questa vicenda. Ma io non ne sono così sicuro».
Sicuramente non è peggiorato come sarebbe accaduto a molti altri. Come ha fatto a isolarsi da tutto e continuare ad essere decisivo in campo?
«Non c’è un segreto, credo dipenda dal mio carattere. Sia in partita sia in allenamento sono sempre riuscito a concentrarmi sul mio lavoro. Senza farmi condizionare dal resto. E poi, forse, tutta questa storia mi ha fatto apprezzare ancora di più quanto sia bello giocare a calcio».
Quello di domenica per lei è come un derby, no?
«Da ragazzo tifavo Milan, è vero. Ma ormai mi sento solo laziale».
Già. Il derby è un altro. E si sta pure avvicinando.
«Eh, manca meno di un mese e a Roma già non si parla d’altro…».
A un derby è legato il momento più bello della sua carriera, giusto?
«Giusto. La Coppa Italia conquistata sulla Roma nel 2013 è stata una gioia unica, indescrivibile. Anche le due coppe del 2009, anche il terzo posto del 2007 sono stati risultati importanti. Ma quella Coppa alzata da capitano non ha eguali».
Qualche rimpianto?
«Più che con la Lazio ce l’ho per la Nazionale. In azzurro ho giocato, ma non sono mai riuscito a trovare la continuità».
Juve o Roma per lo scudetto?
«Bella lotta, ma credo che la Juve abbia qualcosa in più. Penso che alla fine la spunteranno i bianconeri».
E la Lazio ce la farà a vincere il suo scudetto, cioè ad andare in Champions?
«L’abbiamo sfiorata per due volte con Reja nelle scorse stagioni, anzi l’abbiamo buttata. Quest’anno non deve sfuggirci».
Fonte: Gazzetta dello Sport