(M. Cecchini) – All’inizio, vedendo l’attore Luca Zingaretti in tribuna, ci siamo rincuorati: se qualcuno tenterà di assassinare il campionato — abbiamo pensato — ci penserà il commissario Montalbano ad arrestarlo. Il mandante, però, si trova lontano, in Piemonte. Pirlo Andrea, recita la scheda segnaletica. Un tipo capace di ammazzare un Toro proprio quando la Vecchia Signora pareva sul punto di essere incornata. Il problema è che l’agguato stavolta sembra riuscire davvero, perché il killer è un ex amico che ha tanta voglia di vendicarsi. Si chiama Pablo Daniel Osvaldo, qui a Roma è stato amato e odiato, quanto basta perché la sua rasoiata sporca sembri una ferita mortale. È il 2-2 a meno di 30’ dalla fine, e la Juventus — lontana 5 punti — sembra essere l’esecutrice testamentaria di un campionato già indirizzato.
LA RISPOSTA A PIRLO A un certo punto, però, l’emorragia di speranza si è arrestata davanti a un ragazzo venuto dalla Bosnia. Anche lui è una vecchia conoscenza, Pjanic Miralem. Il che ci fa capire che il destino a volte sceglie traiettorie simmetriche per costruire la nostra storia. Pensateci. Se un genio ha deciso il derby di Torino, a rispondergli non poteva che essere un suo omologo dai piedi fatati. Uno capace di segnare una doppietta impastata di astuzia (il primo gol) e balistica (il secondo), restando così imperturbabile da passare tra le secche del caso Mosca (e relativo strip club) senza annegare nel vittimismo. «Avevamo il permesso di uscire e non abbiamo niente da nascondere — dice sereno — ai tifosi interessa quello che facciamo sul campo, non ciò che succede fuori. A Mosca potevamo e dovevamo vincere. Volevamo dare una risposta alla Juve e l’Inter secondo me non ci ha messo neppure in difficoltà, ci siamo complicati la vita da soli. La Roma è stata superiore. Abbiamo dato una grande risposta. La mia punizione? Il mio maestro è stato Juninho Pernambucano, ma lui calciava in modo differente da me, la palla ballava, come quelle di Pirlo. Stavolta è andata dentro e sono felice, così come per il primo gol, per il quale ho ringraziato Totti per l’assist. Abbiamo una bella filosofia di gioco e il merito è di Garcia che fa passare tutto per il centrocampo. Io mi sento un leader e ho la fiducia del gruppo». Dinanzi a tanta bellezza, la paura sembra diventare un improvviso effetto collaterale. Il motivo è chiaro: si chiama mercato. Il Psg dalla Francia è pronto a farsi sotto per averlo mettendo sul piatto Rabiot, mentre non riusciamo a dimenticare la chiacchierata di qualche settimana fa tra Miralem e Pep Guardiola. Dicono che l’allenatore spagnolo gli abbia promesso: «Ti porterò al Bayern». Brividi. Speriamo solo che la bulimia di talenti in una sola squadra, un giorno, diventi reato contro l’umanità