(A. Schianchi) Il calcio ha una sua logica. A parità di forze tecniche vince la squadra che corre di più, cioè quella che ha più energie fisiche. Se Roma e Manchester City in termini di qualità si equivalgono, altrettanto non si può dire dal punto di vista atletico. Gli inglesi ringhiano, pressano, si muovono con e senza pallone, si sovrappongono, a tratti sembra persino che giochino in dodici o tredici… I giallorossi di Garcia, invece, trotterellano e in Champions League questo atteggiamento non è ammesso. Va bene affidarsi al titic-titoc a centrocampo, va bene puntare sui piedi buoni di Pjanic, Keita, Totti e compagnia, ma nel calcio si deve anche correre, sprintare, accelerare. Altrimenti il possesso palla del 57,4 per cento non serve a nulla. Il City sta in campo con saggezza, gestisce le manovre con lucidità, attacca in velocità quando è il caso di farlo e rallenta se le condizioni lo suggeriscono. Modulo elementare, quello di Pellegrini, ma efficace. E, soprattutto, da sottolineare il modo in cui il tecnico chiede ai suoi di affrontare la Roma: retroguardia sempre alta, mai abbassarsi troppo, tenere libera la propria area, anche a rischio di concedere spazi alle spalle dei quattro difensori. Il baricentro medio del City risulta «alto»: 54,1 metri. La Roma, invece, si piazza a 48,3 metri. E 6 metri di differenza sono parecchi. Ciò significa che i giallorossi dimostrano paura nei confronti del nemico, non lo attaccano, preferiscono ritirarsi nelle loro stanze. E, alla lunga, questo è un atteggiamento che si paga.
DIFFERENZA Riassumendo: le qualità sono in parità, ma la tattica, cioè il modo di mettersi in campo, è a vantaggio degli inglesi. E se pure fisicamente gli uomini di Pellegrini battono i giallorossi si capisce bene qual è il motivo del risultato. Il City corre per 110 chilometri, la Roma si ferma a quota 103. Se concedi 7 chilometri agli avversari, non puoi pretendere di salvare la pelle: prima o poi ti rubano il pallone, scattano e inventano la giocata della vita. Nasri, riguardatevi l’azione, ha proprio fatto così, anche grazie al bellissimo movimento di Milner che senza palla gli porta via l’uomo facendogli guadagnare un paio di metri e il tempo per il tiro chiave.
RIMPIANTI Nella Roma, invece, nessuno che accenda la luce, soprattutto dopo lo svantaggio, nessuno che si prenda la responsabilità di trascinare i compagni oltre l’ostacolo. Nainggolan è il più positivo dei centrocampisti e anche questo è un segnale del momento: il belga è un ottimo giocatore, ma stiamo pur sempre parlando di un mediano. I registi e i fantasisti dove sono? Che fanno? Nainggolan ci mette gambe e polmoni, sgobba per due, recupera 9 palloni, effettua 12 lanci, 2 cross, 3 sponde e dalle sue iniziative nascono 4 occasioni. Vien da pensare: se anche altri avessero fatto come lui, forse il risultato sarebbe stato diverso. Invece si sta qui a rimuginare su quello che non è stato, si riflette sui 17 palloni persi da Totti, sugli 11 errori di Pjanic, sulla testardaggine di Gervinho (5 dribbling riusciti su 11) e sulla sua perenne imprecisione davanti alla porta (3 conclusioni, 0 gol).