(S. Vernazza) – Migliore risposta la Roma non poteva dare, non era per niente facile vincere questa partita. A sei secondi dalla fine del derby di Torino la squadra di Rudi Garcia aveva fatto la bocca all’avvicinamento alla Juve, e il tiro di Pirlo è piombato all’Olimpico come una martellata, ha smorzato gli entusiasmi di tanti tifosi. «Ma no, ma dai, non è possibile, è un segno che ci gira male »: si sentivano cose così, nei dintorni del fischio d’inizio. Alto era il rischio che la Roma si sgonfiasse, si «crogiolasse» nelle sue recenti disavventure, dai 7 gol col Bayern alla delusione di Mosca passando per la mazzata di Napoli. Non è andata così. La Roma c’è. Un anno fa, di questi tempi, i giallorossi perdevano i contatti con la Juve. Stavolta sembra diverso, la Magica resta in scia. Non era facile, quel tiro di Pirlo avrebbe stroncato un toro, e in effetti ha stroncato il Toro, non la Roma.
DIVARIO DI QUALITÀ Troppa Roma per un’Inter in crescita di personalità, ma non di gioco. Più della tattica poté la tecnica. Nainggolan e Pjanic da una parte, Medel e M’Vila dall’altra: le differenze si vedevano a occhio nudo. È qui che la Roma ha gettato le fondamenta della vittoria. Capacità di riconquistare palla in alto sulla scacchiera e di smistarla con rapidità e precisione, specie sulle corsie, in particolare sulla destra, fascia che Garcia ha usato come una leva, per aprire la scatola interista. Maicon partiva da lontano e arrivava vicino (alla linea di fondo), Ljajic – e qualche volta Gervinho perché il tecnico francese ama «scambiare » gli esterni d’attacco – crossava con continuità. Individuato il lato debole, la Roma si è accanita e Mancini è rimasto inerte, ancorato alle sue strategie di partenza, salvo cambiare qualcosa verso la fine, per necessità di risultato.
SCELTE OBBLIGATE O ALTRO? L’Inter va apprezzata per come ha affrontato il gran test dell’Olimpico. A testa alta, senza timori o tremori. Non si è arroccata, ha ribattuto colpo su colpo nei limiti delle sue attuali possibilità. Ci sono state però delle scelte che non ci hanno convinto, ad esempio quelle operate sulla fascia sinistra di cui sopra (la destra della Roma). Qui Mancini ha piazzato Kuzmanovic, un regista, allo stesso modo in cui nel derby aveva lì collocato Kovacic, un trequartista. Fuori ruolo l’uno, idem l’altro. Perché Mancini fa così? Vuole convincere la società a comprargli degli esterni veri sul mercato di gennaio? Per rimanere a ieri sera, il «povero » Kuz si è ritrovato ala sinistra in un 4-4-1-1 che mutava in 4-2-3-1 a seconda delle due fasi. In ogni caso Kuzmanovic si muoveva lungo il corridoio mancino, era ostaggio delle cavalcate di Maicon e non poteva contare granché su Dodò, incappato sì in una serataccia, ma forse perché disorientato dal fatto di avere come compagno di cordata uno abituato a battere altri sentieri, più centrali. Qualcosa del genere è successo a Palacio, dislocato sulla trequarti alle spalle di Osvaldo. Palacio non è mai entrato in scena e il solito pressing a rinforzo non può bastare per assolverlo. Tutto questo per rilevare che Mancini ha portato un cambio di mentalità, si vede un’Inter più consapevole di sé, ma permangono degli equivoci, i giocatori andrebbero utilizzati dove possono offrire il meglio di sé. E la fase difensiva rimane approssimativa, non si possono concedere dei gol come quello di Holebas o come il primo di Pjanic.
PUNTO DI SVOLTA Questa vittoria panciuta può essere un punto di svolta per la Roma, può dare la giusta molla per andare all’assalto del City in Champions. Nel momento più difficile si è visto Totti prendere per mano i compagni, srotolare sul prato tutto il suo spessore: un assist da terra, come quello per il primo gol di Pjanic, forse mancava alla sua straordinaria collezione. E cruciale è stato il ritrovamento di Pjanic, negli ultimi tempi un po’ prigioniero del naturale narcisismo di un 24enne di talento e ieri autore di una doppietta. Fantastica la sua seconda rete, allo scadere, una punizione «pirlesca», come se il ragazzo volesse replicare alla magia di Pirlo in coda al derby di Torino. E poi De Sanctis, il grande accusato di Mosca: le parate su Kuzmanovic e Medel dimostrano che Morgan il pirata si è rimesso la bandana. Non era per niente facile che tutte queste cose accadessero, ma sono accadute. Juve-Roma era e Juve-Roma sarà.