(E. Menghi) Esclusi e delusi condividono la stessa amarezza. Il ritratto più vero della notte dei rimpianti di Champions lo regala la panchina, dove De Rossi, Totti e Maicon si sono ritrovati per un motivo o per l’altro e con tanta frustrazione negli occhi. Daniele non ha proprio messo piede in campo, si è scaldato quando le cose si erano messe male, ma Garcia gli ha preferito Florenzi, preferito anche al brasiliano spompato. Il vicecapitano romanista non sta vivendo un buon momento, la vita privata c’entra poco col calcio, ma agisce sulla testa e di conseguenza sulle prestazioni.
È un legame sottile, ma non poteva certo sfuggire al fine psicologo venuto da Lille: «De Rossi ha avuto una settimana complicata – ammette il tecnico a fine partita – anche con questa espulsione (il rosso col Sassuolo, ndc), perciò era meglio lasciarlo riposare. Era previsto di farlo entrare, poi abbiamo subito gol e ho scelto giocatori più offensivi».
Non capita certo tutti i giorni di giocarsi tanto in 90 minuti, perciò De Rossi avrebbe voluto comunque dare il suo contributo. Si è fatto notare lo stesso, dalla panchina, quando i tifosi del City hanno esultato al gol di Navas annullato per fuorigioco e Daniele si è girato verso di loro per prenderli in giro. È stato l’escluso per eccellenza della serata e non è stata l’unica volta in questa Champions. All’andata a Manchester non c’era perché si era infortunato al polpaccio, l’esordio con il Cska l’aveva saltato per una vecchia squalifica, stavolta è rimasto fuori per scelta tecnica. Nei 270 minuti europei giocati ha vissuto solo delusioni, le due sconfitte con il Bayern, il 7-1 dei brutti ricordi, e il pareggio beffa di Mosca. Lì è iniziato il periodo difficile e la panchina di ieri ne è la conseguenza.
Per Totti il cammino è stato diverso, ha potuto gioire per il record personale di marcatore più longevo della competizione, ma ha pure «sbroccato» per la prima volta a Garcia, quando è stato richiamato in panchina col Bayern. Da lì ha visto gli ultimi venti minuti col City, dopo aver lottato con i due difensori centrali che hanno limitato il suo raggio d’azione. Non è riuscito a fare del suo meglio, non ha salvato la Roma che in lui cercava un appiglio d’esperienza. Una qualità riconosciuta a Maicon, forse troppo annebbiato dai ricordi per brillare contro la sua ex squadra. Non si è preso la rivincita in cui sperava, non ha potuto dimostrare agli inglesi che vale di più di quanto avesse mostrato coi Citizens. Era uno dei più delusi a fine partita e non ha voluto nemmeno prendersi l’abbraccio consolatorio di Garcia al cambio.
Cole, primo inglese della storia romanista, è finito persino in tribuna perché Rudi ha preferito portarsi Strootman fuori forma. Un segnale da rivedere in ottica mercato. Nainggolan non fa parte del gruppetto dei rammaricati, lui ha dato tutto fino alla fine e forse proprio per questo l’amarezza l’ha assalito come mai: «Ci credevamo, perdere così fa male. Sapevamo che sarebbe stato difficile subendo gol, abbiamo giocato contro una grande squadra». Un obiettivo resta ancora in piedi, il campionato: «Proseguiamo per lo scudetto. Siamo anche in Europa League, cerchiamo di onorarla. Abbiamo fatto una bella Champions, nessuno avrebbe detto che ci saremmo giocati tutto all’ultima partita». In certi casi però non conta come inizi, ma come finisci.