(D. Stoppini) – Magari i maiali non la prenderanno bene, nel sentirsi tirati in ballo per questioni calcistiche. O paracalcistiche, è più giusto dire. Che il mondo radiofonico romano fosse da considerare — nella migliore delle ipotesi — variopinto, è cosa risaputa. Ieri, nel post derby, Daniele De Rossi ha aggiunto un’altra puntata: «In questa città un po’ strana qualcuno ha provato a raccontare la storia di me contro Totti, per dare forza alle sue tesi… Ma sono maiali col microfono e restano maiali col microfono». Non esattamente un giro di parole, De Rossi è entrato in tackle con la lingua ancor prima che con i piedi. Lui che di Roma conosce tutto, il bello e il brutto. Il bello di una città che ha scelto di vivere a contatto con il cuore, esattamente a metà tra Campo de’ Fiori e il Vaticano. Il brutto della stessa città, che a volte fatica a sposare un’idea, un personaggio, una storia, un riferimento.
DICERIE E così comincia il diconondico via radio, dietro a un microfono, calunnie che spesso hanno avuto obiettivo De Rossi. Il centrocampista ce l’aveva con quelli. Quelli che gli hanno dato del «capitan Ceres», quegli stessi che hanno mandato in giro a dire che non si taglia la barba perché avrebbe il viso sfregiato, e risparmiamo i motivi per pudore. I Mario Corsi di turno che, dicono a Trigoria, sarebbe il destinatario principale della frase del centrocampista. «Chi calunnia è peggio di chi fa la spia — disse una volta il numero 16 —. E a Roma si vive di certe calunnie». De Rossi questa Roma qui la odia. Questa Roma qui è quella per cui ha pensato di scappare altrove due volte, prima del rinnovo di contratto e poi nell’estate 2013. Quando via etere le dicerie erano all’ordine del giorno. Voci che hanno trovato nuova linfa nell’ultimo mese, con De Rossi finito tra le intercettazioni di MafiaCapitale, al telefono col boss «Giovannone» De Carlo, mentre la stessa inchiesta raccontava i contatti di Massimo Carminati con Marione. Ecco perché De Rossi è tornato ad affondare il colpo, oltre quattro anni dopo l’altro attacco al mondo radio. Nel dicembre 2010 si schierò a difesa di Doni, suo compagno di squadra: «È il portiere più forte. Ha pagato anche per qualche pappone che andava in giro per le radio a fargli terra bruciata intorno e a parlare male di lui. Gli stessi papponi che entrano dentro Trigoria e fanno i padroni».
BIANCHICCI Amarezze da romano. Ma pure soddisfazioni, come quella di finire nella hall of fame della Curva Sud: «È tra le prime tre emozioni della mia carriera — ha raccontato —. Sapevo della coreografia, che era qualcosa da “lacrimuccia”. È stato bello e anche un po’ destabilizzante vedermi tra il meglio che ha offerto questa squadra. Io vicino a Totti, il più grande della storia. Siamo una squadra forte, dopo il 22 ho pensato di vincere perché avevo visto qualcuno di loro un po’ bianchiccio…». Così non è stato. Ma via radio oggi qualcuno parlerà più dei maiali che della partita: c’è da giurarci su.