(M.Cecchini) – Ci siamo quasi: la guerra patriottica è alle porte. Fra poco cominceranno a chiedersi se la patria della moda sia la Francia oppure l’Italia, chi abbia la cucina o i vini migliori e via disputando. Rudi Garcia ormai non piace più a tutti: troppo francese per essere davvero dei nostri, troppo italiano per restare sul piedistallo. D’altronde le dichiarazioni del presidente Pozzo sono state chiare: «Garcia da un mese martella sugli arbitri e sta cominciando a raccogliere frutti. Era venuto in Italia in punta di piedi, si comportava benissimo e poi si è italianizzato. È francese: faccia il francese».
MUTAZIONE In effetti una certa mutazione comunicazionale c’è stata. Solo 5 giorni fa l’allenatore della Roma ricordava così la partita perduta con la Juve. «Abbiamo subito tre gol irregolari. Quella sconfitta non l’accetterò fino alla fine della stagione o forse di tutta la vita». Frase forte però pronunciata col sorriso e il sollievo degli astanti fu palpabile, ma tutti avevano capito che il Garcia del 2013, quello dell’insediamento, era un ricordo. D’altronde, 18 mesi di calcio italiano fiaccherebbero chiunque, e così fa quasi tenerezza rispolverare alcune frasi della prima stagione. Pensateci, dopo le prime 10 vittorie consecutive arrivò un discusso pari col Torino (rigore non dato a Pjanic e rete dubbia granata) che l’allenatore commentò così: «Pazienza, non si può vincere sempre». Non basta. Quanto già la polemica con la Juve di Conte era divampata, a chiuderla ci pensò proprio il francese con gran classe: «Non contate su di me per continuare a giocare nel cortile della scuola, io faccio suonare la campanella della ricreazione ».
MUSCOLARE Adesso invece Garcia ha scelto la linea più muscolare. Un mese fa, dopo il 22 interno col Sassuolo (con entrambe le reti giallorosse viziate almeno da dubbi), ha scelto la linea dura: gol buoni e tutti a casa. Tuonando poi pochi giorni dopo una frase in puro stile Mourihno: «Più ci attaccano e più lotteremo ». Con queste premesse, inutile dire che per il francese le polemiche udinesi siano senza motivo. «Il gol di Astori era valido e per me su Koné non c’era rigore. Certo, ci vuole la tecnologia per il gol fantasma, lo dico da tempo. Si eviterebbero le polemiche. La discrepanza fra Guida e Mascara? Sono in 6, non c’è solo uno che deve vedere. È l’arbitro il padrone del campo, ed era piazzato benissimo a differenza del giudice d’area». Restano perciò nella memoria le sue frasi del 2 gennaio: «Da quando sono stati messi gli addizionali, non ho visto progressi».
MAROTTA PUNZECCHIA Ad accomunare Juve e Roma, però, c’è il sì al «Gol Line».«Noi siamo sempre stati favorevoli, mentre siamo contrari alla moviola, che non avrebbe aiutato neppure su Koné» dice il d.s. Marotta. Le affinità però finiscono qui. «Garcia nelle ultime settimane è tornato su JuveRoma, dimenticandosi, invece, che nelle ultime partite episodi dubbi a suo favore ce ne sono stati tanti. Anche la Roma deve accettare le regole del gioco. Bisogna debellare le congetture che portano a favoritismi. Vincerà la migliore, non ci sono dubbi».
SABATINI DIFENDE Il d.s. Sabatini – dopo essersi complimentato con gli arbitri insieme alla dirigenza – prova a volare basso: «Grandi dubbi non ce ne sono sul gol nostro, mentre su Koné dico che la dinamica è da rigore, ma è stato preso il pallone, lo si vede dalle immagini». Troppo poco per smorzare le fiamme dl web, che hanno fatto impennare gli hashtag di #erSistema e #MafiaCapitale, impensabili in tempi in cui l’universo giallorosso accusava solo «gli altri» di essere ladri. Un mondo alla rovescia, quindi. Ma comunque la si guardi, in puro stile italiano.