(M. Cecchini) – Per unire in un attimo passato e presente, in fondo, c’era solo un modo: volare. E Francesco Totti l’ha fatto. A dispetto dei 38 anni, della zavorra degli acciacchi, delle ironie, delle polemiche e ovviamente di una sconfitta che incombeva come un macigno dal cielo, il capitano della Roma è decollato per impattare in acrobazia quella palla del pareggio che ha cucito la storia – 11 gol nei derby romani di campionato non li ha mai segnati nessuno – alla moda del momento, decidendo di dedicarsi un selfie sotto la Curva Sud che ha fatto il giro del mondo. Sintesi del Mirror: «È il giocatore più “cool” che sia mai esistito. Può fare quello che vuole».
DWIER E LEWANDOWSKI Dalla Cnn alla Bbc la faccia buffa di Totti è volata sul web per raccontare il suo 40°, specialissimo derby, facendo tornare a galleggiare i gesti analoghi prodotti da Lewandowski del Bayern (al termine del match con l’Hannover, a ottobre) e Dwier del Kansas City (durante il match con i Chicago Fire, a luglio), che ieri ha esultato («Totti my man»). Ma occhio alla differenza: il capitano giallorosso non twitta, non scrive su Facebook, non posta su Instagram, non ha profili occulti sui social. Per questo il suo selfie – santificato dalla presenza in tribuna di sua moglie Ilary e dei figli Cristian e Chanel – rappresenta in pieno l’eccezionalità del momento calcistico e del gesto tecnico che, se guardate bene, assomiglia un po’ alla celebre sforbiciata di Parola che tutti bambini d’Italia hanno imparato a conoscere grazie alle figurine. Come dire: mito e modernità.
«IO E NANNI» «Io non sono abituato a fare selfie perché la mia vita privata la tengo per me – spiega infatti Totti – però questa era un’occasione unica e irripetibile, perché con la mia doppietta ho superato giocatori importanti nella storia del derby. Insomma, così sarà un momento che si ricorderanno tutti». Non c’è dubbio. Nel mucchio delle idee (a Trigoria girava voce di una maglietta celebrativa in chiave anti-Lazio, ma era solo uno scherzo) è stata scelta la migliore. E questa è la genesi. «Tutto nasce dal cross lungo di Holebas – racconta – . Ho visto che Marchetti prima usciva e poi ci ripensava, perciò ho pensato che quello era l’unico modo per riuscire a segnare. È stato un grande gol. In quel momento ho pensato mille cose e ne avrei volute fare mille, ma ho scelto il selfie. L’idea me l’ha suggerita un mio amico per ricordare il record di gol nei derby, anche se preferivo i tre punti. Ho fatto tutto io: ho dato il telefonino a Guido Nanni (preparatore dei portieri, ndr) e gli ho chiesto se me lo portava in campo e poi è successo quello che è successo. Non mi è venuto benissimo perché dovevo sbrigarmi, ma va bene cosi».
CORSA SCUDETTO Sbrigarsi d’altronde è d’obbligo, perché il braccio di ferro con la Juve non ammette tentennamenti. «Purtroppo abbiamo buttato via il primo tempo – dice Totti –. Non sappiamo neanche noi il perché. Le cose si erano messe male. Per fortuna abbiamo avuto una reazione enorme, da grande squadra. Dobbiamo considerare il risultato come un punto guadagnato. Con la Juventus lotteremo per lo scudetto fino alla fine, anche se loro hanno qualcosina in più». Possibile, però i bianconeri non hanno capitan Totti e la storia infinita che porta con sé come un bagaglio prezioso eppure inaspettatamente leggero. Nel racconto del suo derby numero 40 c’è tutto questo ed anche altro. Cosa? Chiamiamolo il ritorno di un talismano straniero, ovvero il telecronista (Al Jazeera e Fox) nord irlandese Richard Whittle. L’ultima volta che mise piede all’Olimpico, nel 2011, la Roma vinse il derby per 2-0 grazie a una doppietta (indovinate?) di Totti, e in quella occasione il suo grido in tv fece il giro del mondo: «The king of Rome is not dead». Proprio vero. Il re di Roma non è morto. Anzi, ha anche imparato a volare.