(A. Pugliese/D. Stoppini) – Prima c’era un problema Destro in campo, ora ce n’è uno anche fuori. La linea di confine è proprio Roma-Empoli di martedì sera, l’ennesima occasione sciupata dalla punta marchigiana. Prima di quella partita i mugugni intorno a Destro erano sottili, ventilati, piccoli sospiri. Dopo si sono trasformati in fischi, eloquenti durante i supplementari della sfida di Coppa Italia. Impressioni? La gente giallorossa si sta lentamente stancando e ha voluto manifestare in pieno tutto il suo dissenso. Nei confronti del giocatore (che fatica a regalare prestazioni di livello), ma anche della persona. Di Mattia piacciono sempre di meno i suoi atteggiamenti, da sempre un po’ il suo vero tallone d’Achille.
PROBLEMA IN La Roma e Rudi Garcia — giustamente dal loro punto di vista — continuano a difendere il giocatore in ogni modo ed in ogni situazione. Lo hanno confermato pubblicamente («Sono almeno dieci volte che dico che Mattia resterà con noi e che su di lui punto per il girone di ritorno», ha detto il tecnico francese proprio dopo l’Empoli), lo fanno spesso anche in privato, tra le mura di Trigoria e non. Un po’ per convinzione, un po’ per mancanza di alternative. Vendere Destro ora non è facile, perché non ci sono in giro amatori disposti a spendere la cifra eventualmente richiesta dalla Roma (non meno di 15 milioni di euro) e perché, comunque, andare a prendere un altro centravanti di livello (di quelli da 15-20 gol, insomma) a metà stagione non è poi tanto facile.
Tanto che lo stesso Garcia contro l’Empoli sembra aver tagliato lo schema (4-3-1-2) proprio su di lui, per cercare di mettere Mattia nella condizione migliore di poter rendere. La risposta, però, è stata mediocre, esattamente come altre volte. Palermo compresa, dove se non fosse stato per il gol (sporco) la partita di Destro sarebbe stata ampiamente insufficiente (13 palle perse su 24). Con l’Empoli, da questo punto di vista, è andata meglio (9 palle perse su 37 giocate), ma più in generale Mattia non riesce più in quelli che sono alcuni dei cromosomi di un centravanti: fatica sulle sponde, non fa salire la squadra, tiene pochi palloni. Fa gol, è vero, e non è un dato secondario. Anzi. Ma forse non basta più neanche quello, paradossi del calcio moderno.
PROBLEMA OUT Poi, invece, c’è l’altro problema, quello emerso martedì sera in Coppa Italia. La gente comincia ad essere stanca, soprattutto di quelle sbracciate, di quelle lamentele, di quelle facce così e così, spesso smorfie di insofferenza. Per rendersene conto non è servito neanche andare a rivedersi la partita per risentire i fischi, bastava sintonizzarsi ieri su qualche emittente radiofonica di Roma. I giudizi su Destro sono stati anche variopinti, ma quasi tutti unanimi: «Se non ha più voglia di restare qui, meglio che se ne vada altrove», un po’ il leit motiv. Già, perché poi la gente sa, capisce, ascolta. E nella testa di tutti rimbombano anche le frasi del post-Palermo, quando Destro è sembrato pensare più a se stesso («Felice per il gol, vivo per questo») che alla squadra. Lasciando una porta aperta al Milan, per esempio («Il gol del congedo? Non lo so, vedremo…»). Ecco, il problema è anche questo, la voglia di Mattia di sentirsi di nuovo importante, come magari non riesce più a sentirsi a Trigoria. Dovesse succedere, chissà che Destro non torni quello di prima e allora — insieme ai gol — possano arrivare anche tante altre cose. Forse la prossima scommessa di Garcia è proprio questa, cercare di ridargli un’anima. Anche se poi, il problema forse sta proprio lì, nell’anima di Mattia.