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IL MESSAGGERO Lotito: “La Roma mi ha aggredito”

Lotito
Lotito

(M. Caputi) Dopo gli intensi novanta minuti del campo, il derby ha regalato supplementari di dichiarazioni e polemiche. Claudio Lotito è venuto a trovarci in redazione per chiarire e parlare della sua Lazio, attesa dal match con il Napoli, vero e proprio spareggio per il terzo posto.

Cosa c’è dietro questa serie di dichiarazioni al veleno tra Lei e la Roma?

«Da parte mia non c’è nessuna acredine o atteggiamento ostile. Le due società hanno una visione diversa. Ho sempre ritenuto che gli investimenti debbano essere fatti con le risorse a disposizione. Ho sempre pensato e agito da formica e non da cicala».

Roma e Lazio non hanno fatto una bella figura.

«Io non ho fatto nessuna critica. Tutto è nato dalla partecipazione telefonica ad una trasmissione con una conduzione ironica e legata al tifo romanista. Ho dato il mio parere sul selfie di Totti ritenendolo inopportuno e lo ribadisco anche ora. Sarebbe stato meglio farlo al termine della partita e non durante. Tutto qui».

E sullo scudetto alla Juventus?

«I conduttori e l’onorevole Giachetti volevano farmi dire che la Roma avrebbe vinto lo scudetto e, solo per considerazioni squisitamente tecniche, ho espresso il mio parere: ritengo la squadra bianconera più forte della Roma, e confermo questa mia valutazione. Mi spiace che a una considerazione tecnica e non denigratoria sia seguita l’aggressione del giorno dopo».

E se poi lo vince?

«Nel calcio tutto è possibile. C’è anche il paradosso della tartaruga e Achille, del filosofo Zenone, quindi…».

Come mai le posizioni sono così diverse? Non c’è proprio possibilità di collaborazione tra le due società?

«Sono stato sorpreso dall’atteggiamento della Roma all’interno della Lega. Dovremmo coltivare interessi analoghi in funzione delle potenzialità della propria squadra. Mi stupisco che la linea sia simile a quella della Juventus che fattura molto di più. Con Pallotta abbiamo una visione diversa, ed è falso che io sfrutti la mia posizione per interesse personale».

Che differenza c’è tra il fair play finanziario europeo e quello italiano da Lei citato nella polemica con i dirigenti giallorossi?

«Il modello è molto simile a quello europeo. Bisognerà portare in equilibrio economico-finanziario la società, il disavanzo che potrà essere coperto non dovrà superare una certa percentuale dei ricavi. Vogliamo difendere la sana competizione. Ora vedremo come scandirne i tempi di attuazione, comprendendo le difficoltà delle società di applicarle già dal prossimo primo luglio. Orientativamente servirà un biennio».

Cosa risponde a Pallotta che afferma che lei pensa al proprio tornaconto e non al bene del calcio italiano?

«Il ruolo che ricopro nasce da una elezione democratica. Sono stato delegato per attuare un programma e questo verrà fatto. Vorrei comunque ricordare che in Federazione ci sono da tanti anni, non sono arrivato ora. Forse ha dato fastidio che sia riuscito a realizzare con le altre leghe una condivisione mai riuscita in trenta anni».

A che punto siamo con le riforme?

«Stiamo procedendo molto bene e in linea con quanto ci eravamo prefissati, ora lavoreremo sulla riforma dei campionati e su quella dei campionati giovanili, con l’istituzione obbligatoria dell’Accademy».

Farete passare la riforma di statuto fatta da Nicchi? Le posizioni con l’Aia, anche in tema di soldi, sono così distanti?

«La politica federale la gestisce il presidente Tavecchio, quando la riforma verrà sottoposta al Consiglio Federale valuteremo e decideremo. La riduzione delle risorse vale per tutti. L’Aia ha la sua autonomia di gestione che deve essere compatibile con le risorse a disposizione. Noi vogliamo aiutare gli arbitri e in questo senso va vista la richiesta di essere paese pilota per l’inserimento della tecnologia. Questa toglierà qualsiasi dietrologia. Il calcio italiano è malato di protagonismo».

Basterà la goal line technology?

«La nostra lettera alla Fifa parla di sperimentazione di tutto ciò che accade in area. Non si tratta di moviola ma di ausilio del mezzo tecnico per aiutare e non sostituire l’arbitro». (…)

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