(U. Trani) Il bilancio, alla fine del girone d’andata, non è drammatico: la Roma è seconda, proprio come nel campionato scorso, e addirittura più vicina alla Juve (-5 e non -8 come il 12 gennaio 2014). Anche il percorso è simile (mancano 3 punti: 41 contro 44): stessi pareggi (5), 1 vittoria in meno (12 e non 13 come un anno fa) e 1 sconfitta in più (2 e non 1: a Napoli i giallorossi persero al ritorno). Di preoccupante c’è però altro: l’involuzione tecnico-tattica che può influire nella corsa scudetto. In campo manca l’atteggiamento da squadra che, soprattutto nei primi mesi, aveva caratterizzato la gestione Garcia. Interpreti capaci di recepire l’idea di calcio dell’allenatore: coro che quasi mai stonava. Non è più così. I risultati sono sempre la conseguenza delle prestazioni. Che ormai non sono più da vertice. E’ questo il segnale allarmante a metà torneo. Tirando le somme di 25 gare (6 di Champions e 19 di serie A), sono pochissime le esibizioni decenti: i picchi in trasferta, contro il City a Manchester e contro la Juve a Torino. Contropiede corto e assetto aggressivo, possesso palla spigliato e ritmo accettabile. Occhio alle date: 30 settembre all’Etihad e il 5 ottobre allo Stadium. Da più di 3 mesi il gruppo non si ripete a quei livelli. Anzi, è peggiorato.
GUIDA RILASSATA – Garcia, l’anno scorso, ha fatto subito la differenza. Ha messo a disposizione dei giocatori la sua professionalità e la sua personalità. E’ intervenuto psicologicamente sui calciatori che hanno presto ritrovato fiducia e carattere. Anche l’addestramento quotidiano, senza la Champions di mezzo, è servito. Lo definimmo il top trainer. Perché, dopo la resa nella finale derby di Coppa Italia, era stato fondamentale il suo lavoro. Più di qualsiasi prodezza del top player che ogni tifoso vorrebbe nella propria squadra. Ora il francese non incide come nella passata stagione. Ha spesso sbagliato le scelte (e i ruoli) in partenza e in corsa. Non ha usato bene la rotazione tra campionato e coppa. Ha preferito i senatori ai giovani, dando più importanza all’esperienza e quindi alla testa che alla spensieratezza e alla imprevedibilità. Non ha modificato il sistema di gioco, limitandosi a passare dal 4-3-3 al 4-2-3-1, senza provare a riscrivere la storia dei match. E ha ancora il complesso delle big.
FINE CORSA – «La Roma cammina in campo». Lo disse Sacchi, prima di Natale, a Il Messaggero. Lo pensano tanti, pure a Trigoria. La preparazione atletica, non solo per colpa della tournée estiva oltreoceano (fatta da tanti altri grandi club), finora non ha convinto. E ha prodotto infortuni a raffica. Chissà se gli effetti si vedranno in primavera. Se lo augurano per primi i giocatori. Molti dei quali, più o meno apertamente, non condividono i metodi del nuovo preparatore Rongoni, scelto in prima persona dal tecnico. Un caso per tutti: Maicon lavora solo con Chinnici, voluto da Sabatini. Se le gambe non girano, è difficile fare pressing, usato l’anno scorso per sorprendere gli avversari e limitarli nell’impostazione. Oggi è quasi scomparso. E, quando viene fatto, è portato avanti a titolo individuale. Quindi inutile e dannoso.
COSTRUZIONE BLOCCATA – La Roma non conclude più in porta. Lo vedono tutti. Nessun tiro nel primo tempo sia contro il Sassuolo e la Lazio all’Olimpico, nè sabato sera contro il Palermo al Barbera. Senza ‘Gervinho pensaci tu’, la conferma dell’impaccio dei singoli a rendersi pericolosi. Calano i gol: 7 in meno (32 contro 39), nonostante i 13 marcatori (14 contando la Champions). Senza ritmo, i rivali hanno il tempo di chiudersi. Colpa della condizione fisica e della manovra prevedibile. Ma serve il bomber. I grandi club non ci rinunciano. Mai. Il miglior finalizzatore è Ljajic con 6 gol. Non è certo la prima punta di razza.
USURA ANNUNCIATA – Alcuni titolari e qualche ricambio, colpa per tutti dell’età, non garantiscono il rendimento della passata stagione. Prevedibile. Tre nomi in evidenza: De Sanctis, Maicon e Torosidis. Ai primi due è stato pure rinnovato il contratto. E Cole, scaricato da Mourinho, completa il poker. Loro e anche altri, con errori di distrazione e di impreparazione hanno regalato gol (presi 4 in più: 14 contro 10) o comunque brividi.
MERCATO INDECIFRABILE – Iturbe è il mistero oneroso. Di acquisti ne sono stati fatti per tutti i gusti: età, ingaggio e prezzo. Da Emanuelson a Cole, da Astori a Uçan. Si è speso, senza individuare quanto serviva: due terzini e il centravanti. Se Garcia fa debuttare il diciottenne Verde, l’Iturbe di Campania, il messaggio è per il club, non in sintonia con il tecnico. Bisogna intervenire subito. La rosa è incompleta. La Juve no.