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IL TEMPO Garcia: “Non voglio acquisti. La Roma vince così”

Garcia
Garcia

(A. Austini) Diciotto mesi da secondo in classifica. O, al massimo, primo a parimerito. Un gran risultato se si pensa al punto di partenza, ma non sufficiente a tenere alto il «fomento» di una città che smania da troppo tempo per vincere. Secondo Garcia la Roma è molto vicina a farlo. E non ha bisogno di particolari ritocchi sul mercato di gennaio. In un’ora abbondante di chiacchierata nella sala presidenziale di Trigoria, il tecnico lancia il suo discorso «rilassato» di inizio anno. Pieno di fiducia.

Rudi, perché la Roma di oggi non gioca come l’anno scorso?

«L’identità e la filosofia è sempre la stessa. È cambiato che abbiamo avuto più assenze: la principale è Castan, penso anche a Maicon. Ci siamo dovuti inventare i terzini eppure abbiamo continuato a prendere pochi gol. Non si può essere brillanti per un’intera stagione».

Quindi il bilancio resta positivo?

«A me i primi cinque mesi della Roma sono piaciuti perché sapevo che la Champions ti mangia le energie. Eppure nelle gare di campionato prima e dopo le sfide europee siamo stati sempre in partita. L’unica prestazione che cancellerei è il primo tempo di Napoli. Bruttissimo. A parte quello, non ho mai visto la Roma sotto tono sul piano fisico o del gioco rispetto all’avversario».

Si dice: Garcia è cambiato e protesta molto con gli arbitri.

«Sono sempre lo stesso ma perdere com’è successo a Torino contro la Juventus è difficile da accettare. Forse non ci riuscirò mai fino alla fine della stagione o della mia vita. Non è tanto il rammarico aver preso tre gol in quel modo, ma è il sentimento di ingiustizia che non si può cancellare dai pensieri. E lo stato d’animo, in alcuni momenti della stagione, è fondamentale».

In Francia le è successo qualcosa di simile?

«Lì allenavo il Lille e quando fai parte di un club meno importante hai sempre la sensazione che i più ricchi siano favoriti. Alla sudditanza non ci ho mai creduto, sono convinto che gli arbitri facciano il loro mestiere con onestà totale. Ma come fanno loro a giudicare in mezzo secondo mentre tutti davanti alla tv vedono 10 moviole? Allora o togliamo i replay, oppure li aiutiamo con la tecnologia, almeno sui gol fantasma. Con i 6 arbitri in campo non ho mai visto un miglioramento e così resterà fino a quando potranno prendersi più responsabilità».

Alla storia della compensazione degli errori ci crede?

«No, nessuno ti può ridare i punti che perdi in un determinato momento. L’unica risposta che possiamo dare è vincere più partite possibile per finire davanti alla Juve e alle altre».

È ancora convinto che accadrà?

«Quando ho detto che vinceremo sicuramente lo scudetto ero un po’ allenatore, perché ci credo davvero, e un po’ attore: era il momento giusto per dirlo. Poi la verità appartiene al campo e accetteremo il verdetto finale. Abbiamo tutti l’obiettivo di vincere dei titoli, questa Roma è sulla strada giusta. Non possiamo farlo in poco tempo, perché quando diciamo “tutto” è compresa l’Europa e noi intanto dobbiamo guadagnare punti nel ranking. La Roma è un grande club, ma non ha mai avuto continuità come ci chiede adesso Pallotta. La squadra che sogniamo non si può costruire in 18-24 mesi».

L’obiettivo stagionale?

«Dobbiamo portare a casa almeno un titolo: è la nostra ambizione dopo che non ci siamo riusciti l’anno scorso. Forse stavolta basteranno meno punti».

Sta soffrendo le critiche?

«Insieme alla squadra viviamo come dentro una bolla. Per me questo fantasma chiamato “ambiente” non esiste. I tifosi ci hanno dimostrato fiducia anche dopo le sconfitte con Bayern e Manchester City. Eravamo qualificati agli ottavi di Champions fino a mezzora dalla fine, vuol dire che siamo stati all’altezza del girone ma ci è mancato qualcosa».

La preparazione atletica è cambiata rispetto al passato?

«Negli ultimi 15-20 anni ci si è concentrati molto su questo aspetto, ma quello mentale per me è ugualmente importante. La comunicazione è fondamentale, bisogna parlare di più con i giocatori e meno con i loro procuratori. Così non si creano equivoci».

Farete acquisti a gennaio?

«Il mercato di riparazione favorisce soprattutto i ricchi ma è molto raro che sposti gli equilibri. Nainggolan è l’eccezione, poi è chiaro che se la Juve prende Sneijder avrà un grande giocatore. Io non ho chiesto nessuno alla società, sono contento di mantenere la stessa rosa e mi basta per competere al massimo su tre fronti. Sapevamo da inizio stagione che avremmo perso per un po’ Keita e Gervinho, ma per fortuna ho altri giocatori forti».

Dopo la sconfitta con il City, però, lei ha rimarcato l’importanza di avere tanti «top player».

«La Roma non ha bisogno di più campioni ma di migliorare in generale la rosa. Sono abituato ad arrivare al di sopra delle attese del club, è stato così al Lille e ora qui. Non sono uno che piange per farsi comprare Messi o Ronaldo, l’esempio da seguire è l’Atletico Madrid. Il presidente e i dirigenti hanno la mia stessa ambizione, però le cose vanno fatte piano e con equilibrio. Rinforzeremo la rosa a fine stagione, come fanno i grandi club».

Con un nuovo centravanti?

«Ne abbiamo due con caratteristiche diverse. Totti ha un’intelligenza superiore anche se non posso chiedergli di segnare 15 gol a stagione. Destro ha 23 anni e può dimostrare di essere un giocatore importante per noi e l’Italia. Non c’è nessun problema con lui».

Se verrà ceduto a gennaio chiederà un sostituto?

«È ovvio ma non accadrà. Non è previsto che lo perderemo, lui vuole rimanere a meno che non abbia cambiato idea durante le vacanze. Sa che conto su di lui, deve fare come l’anno scorso un gran finale di stagione e aiutarci a vincere dei titoli».

Uçan e Paredes non giocano mai. Non sta rischiando di bruciare gli investimenti della proprietà?

«È normale che una società pensi al futuro della squadra. Devo farlo anch’io ma il mio obiettivo prinicipale è ottenere subito dei risultati e allora scelgo i migliori in quel momento. Serve un giusto mix. Sono ben disposto a fare giocare un ragazzo se è superiore a quelli più esperti: Hazard lo mandavo in campo a 17 anni».

Che succede a Iturbe?

«Ogni volta che ha segnato si è fatto male nella stessa partita. Ma lui ha tanta voglia e sono sicuro che farà grandi cose, ha solo bisogno di tempo. Deve imparare a partecipare al nostro gioco d’attacco manovrato, trovando altre soluzioni quando ha poco spazio».

Il suo rapporto con Conte?

«Ha fatto una cosa di buon senso visitando tutte le sedi dei club. È normale che adesso difenda i colori azzurri e spinga per ottenere qualcosa per migliorare i risultati. Lui deve ricostruire e lo farà con giocatori come Florenzi o Romagnoli. La differenza rispetto alla Francia è che da noi tutti tifano per la Nazionale, in Italia no: questo mi sorprende».

De Rossi la preoccupa?

«Ha avuto momento difficile a inizio dicembre, sono successe cose fuori dal campo che non lo aiutano a essere sereno. Sul piano del gioco non si può fare tutta stagione al massimo, ma io su di lui ci conto al duemila percento. È un grande uomo e un grande campione: non ho mai allenato uno che sa fare tutto come lui. Ho lottato tanto per non vederlo partire, quando sono arrivato era più orientato ad andarsene che a restare. Ma ha rispettato il termine che avevamo fissato insieme anche se dopo gli è arrivata l’offerta del Manchester United».

State già pensando a un dopo-Totti?

«Per fortuna non è ancora arrivato il momento. Continuerà finché si sentirà all’altezza delle ambizioni del suo club. Uno che ha fatto una carriera del genere deve chiuderla con una grande vittoria. Cerchiamo di farlo quest’anno e il prossimo proviamo a vincere quell’altra cosa… ».

Uno scudetto sarebbe già tanto. Per rendere meno malinconica la bacheca della sala presidenziale, dove gli spazio vuoti li riempiono i trofei vinti con le giovanili.

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