(E. Menghi) – È andata più o meno così: testa o croce? Passa la Guinea Equatoriale, paese ospitante della Coppa d’Africa, eliminato il Mali che aveva fatto gli stessi punti e gli stessi gol. Nel 2015 è una monetina a decidere il destino di una nazionale nella kermesse africana tanto attesa dai giocatori e altrettanto odiata dai club.
Keita torna a casa, per la felicità di Garcia, e lo fa con un rigore sbagliato sulla coscienza. Se fosse stato più lucido dagli undici metri nello scontro diretto, non ci sarebbe stato bisogno di ricorrere a metodi da oratorio per decretare la seconda qualificata del girone D, vinto dalla Costa d’Avorio di Gervinho, che resterà in Africa almeno fino al primo febbraio, quando tornerà in campo (scontati i due turni di squalifica) nei quarti contro l’Algeria. A Trigoria l’attesa era più che altro per il centrocampista ex Barcellona, visti gli infortuni capitati a Strootman e De Rossi al Franchi, e il sorteggio di Malabo ha regalato un sorriso al tecnico francese. I delegati del Mali sono invece scoppiati in lacrime di fronte al verdetto sfortunato: «È il modo più crudele di perdere – le parole del presidente della federazione, Boubacar Baba Diarra –. Devono trovare un altro sistema: contino gli angoli, le punizioni, valutino il fair play, ma così no». Vedere un sogno andare in frantumi dopo tanta fatica perché la sorte ha spinto avanti i padroni di casa fa davvero male.
C’è un precedente italiano legato alla monetina del dentro o fuori: gli azzurri approdarono alla finale del campionato Europeo del 1968 grazie a un lancio fortunato che eliminò l’Unione Sovietica. Giacinto Facchetti, l’allora capitano della nazionale italiana, scelse testa e al secondo tiro (la storia narra che il primo fu ritenuto nullo perché la moneta s’infilò in una fessura del pavimento) ebbe la meglio e poi l’Italia vinse l’unico Europeo nella bacheca azzurra. Ieri a Malabo non si è ripetuta la stessa scena, ma il concetto non cambia: due palline in un’urna, come al Lotto, senza nemmeno la possibilità di scegliere tra testa o croce. Il Mali non ha potuto far altro che prendere atto della decisione della Dea Bendata. Keita è partito dalla Guinea ieri in tarda serata, questa mattina è atteso nella capitale intorno alle 9.30, dopo uno scalo a Parigi all’alba e circa dieci ore di viaggio complessive.
Non sarà riposato, questo è sicuro, anche perché ha giocato tutti i 270 minuti previsti dal girone, ma Garcia è felice lo stesso. Seydou potrebbe passare a Trigoria oggi per una seduta di scarico, domani dovrebbe essere già in panchina con la Roma e martedì in campo in Coppa Italia contro la Fiorentina. C’è bisogno di lui, perché Paredes, Pjanic e Nainggolan (ieri tornato ad allenarsi con il gruppo) sono i soli «reduci» del centrocampo. Senza Destro e ancora senza Gervinho, il tridente sarà composto da Iturbe, Totti e Ljajic, ma con Keita a disposizione anche Florenzi può sperare di tornare a fare l’attaccante.