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LA REPUBBLICA La Roma senza più magia si ferma anche a Palermo. Ora la Juve può scappare

Totti
Totti

(E. Sisti) Li chiamavano “pareggiucci”. Scudetto? No, Rometta. Le partite della Roma, chissà perché, sono sempre meno piacevoli, ripiegate su se stesse, vivono di episodi, alcuni splendidi per carità (come Totti contro la Lazio), altri solo normali benché decisivi (come il pareggio di Destro ieri al Barbera). La maggior parte della trama delle recite giallorosse pare scritta senza una vera e propria sintassi, si confezionano potenziali promesse a centrocampo, si ammassano delusioni sulle fasce e sulla trequarti, ogni tanto gli attori della difesa balbettano. Tutti qui. Il campo racconta sempre una storia diversa, lontana dagli ottimismi, racconta di una squadra in difficoltà. Il Palermo non ha offerto sponde di qualità, non è stato memorabile. L’autorevolezza messa in mostra nel primo tempo era stata generosamente finanziata dall’indecifrabile natura della Roma e dalla comodità di trovarsi in vantaggio dopo meno di due minuti. La Roma ha fatto quanto serviva per evitare la sconfitta, senza spingersi minimamente oltre.

Questo punticino che non fa classifica e che è più malumore che gioia lo deve a Destro che è pur sempre un centravanti. Lo deve anche a una circostanza piuttosto insolita per le sue abitudini: ha sfruttato una palla inattiva. Ma di calcio se n’è visto poco. La Roma delle troppe assenze, del “capitano” Pjanic e del debuttante (dal primo minuto) Paredes comincia alla grande. Con i piedi freddi o in sciopero, Astori appoggia un pallone a Vazquez come se Vazquez non avesse mai somigliato tanto a Strootman in vita sua, l’assist per Dybala è una formalità, l’argentino, seguito da un emissario del Psg in tribuna, entra in doppia cifra (10 reti). Sono passati cento secondi e la Roma si è già aperta come una scatola di cartone. Il Palermo è tranquillo, la Roma, con Pjanic alla Modric, è concitata e innocua. I giallorossi abbozzano una reazione, ma più che “miao” non fanno. Strootman prova a innescare Ljajic, però i cross finiscono sempre addosso al primo avversario disponibile e i dribbing falliscono. Il Palermo pressa alto sulle corsie, Morganella e Lazaar ruggiscono. Nella cattiva distribuzione dei compiti, senza una guida fisica e morale, la Roma fa il miracolo: Maresca diventa Xavi. Un cross arriva finalmente davanti alla porta: bravo Gonzalez ad anticipare Destro (23’). Occasioni vere la Roma non ne produce. Per una volta che Ljajic trova Destro, quello non aggancia (30’). Sembra che la Roma abbia tre reparti non comunicanti fra loro, poco amici e quando manca la fragranza d’insieme invecchiano tutti di colpo. Testa di Barreto e volo di De Sanctis (38’).

Nella ripresa Roma più animosa, non più precisa o potente (il primo tiro in porta è di Pjanic all’8’, debole). Il pareggio è la prova che la difesa del Palermo non è un fortino: la sponda di Strootman sulla punizione di Pjanic trova Destro pronto, praticamente dentro la porta (9’). Il Palermo si rannicchia ma non arretra più di tanto. Dybala spara su De Sanctis il possibile 2-1 (15’). Dybala ha i crampi (uscirà per Belotti), Vazquez cammina (uscirà per Quaison), Paredes pure (uscirà per Maicon), Ljajic corre tanto, anche troppo (uscirà per Totti), Iturbe non salta mai l’uomo (uscirà per il debutto di Verde). A nessuno va più di rischiare. E forse nemmeno di pensare alla Juventus.

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